01.05.2022 – 3 ^ di Pasqua: C’è un mare e c’è una riva: un uomo e un risorto!
, Con 0 Commenti, Categoria: Liturgia, Omelie,Ci sono sette discepoli che hanno deciso di tornare al lago di Tiberiade, l’ambiente che ben conoscono e da cui tutto è partito. È possibile cogliere, nel proposito di Pietro, una sorta di richiamo della vecchia vita, di un passato non del tutto superato e l’adesione degli altri compagni al suo intento («veniamo anche noi con te») suona come un voler tornare a fare come han sempre fatto, con le proprie competenze, in quello che sanno fare, da sempre. Essi, infatti, vanno a pescare di loro iniziativa e di notte, cioè nel tempo che, secondo la logica, è propizio per la pesca; ma la notte, nel linguaggio giovanneo, è simbolo di lontananza da Cristo; per questo, pur essendo alcuni di loro pescatori di professione, non pescano nulla.
Non è forse la situazione in cui ci si viene a trovare a causa della propria autosufficienza, dei progetti che recano il proprio marchio e i propri obiettivi? È il momento di disorientamento e confusione, in cui non si è neppure in grado di riconoscere i tratti del Risorto («non si erano accorti che era Gesù»).
Gesù «sta» sulla riva e si rivolge ai discepoli che fanno fatica a riconoscerlo non tanto per ragioni esteriori, ma per la loro lentezza spirituale; cosa, questa, comune a molte manifestazioni del Risorto. Sarà necessaria l’obbedienza alla sua parola perché i loro occhi si aprano e lo confessino come il Signore. La sua è una parola piena di affetto, che sottintende l’esistenza di un legame, di una relazione. Li chiama: «Figlioli…».
È una parola che li mette davanti al loro fallimento («Non avete nulla da mangiare?»), ma non intende umiliarli, di rinviarli alla loro situazione perché percepiscano, con imbarazzo, la loro evidente incapacità.
Ora lì con Gesù non pensano più al loro insuccesso, alla sfiducia che provano nei confronti di se stessi e riprendono il largo per la pesca. Ora è una parola sicura ad orientare nella direzione giusta, e reca con sé una promessa («…e troverete»). È un’esperienza nuova che gli apostoli compiono quando si lasciano guidare da Gesù: la pesca va al di là di ogni loro aspettativa. Quel cibo che non sono riusciti a procurarsi con la loro perizia viene loro offerto quando si fidano di quella parola.
Il primo a riconoscere l’identità del misterioso personaggio che sta sulla riva, è il ‘discepolo amato’ da Gesù, la cui esclamazione è una confessione di fede: «È il Signore!». È l’occhio che vede giusto e il fiuto adatto, a condurre la Chiesa oltre e al di fuori della struttura. È la Chiesa in uscita che scopre Gesù in ogni riva della storia tutto intento a preparare il cibo da dare a chi non ne ha.
È il Risorto che vede il “nulla” di un fallimento e se ne serve per illuminare la mente sul “tutto” abbondante che sta arrivando.
È il momento in cui né la propria esperienza e nessuna logica umana, sono più sufficienti per comprendere ciò che sta succedendo.
E ci si può chiedere “dov’è” il Signore? Per poi scoprirlo là sulla riva che, dopo la prostrazione e l’angoscia dell’insuccesso, attende per condividere e consumare un pasto per poi andare avanti insieme.
E il momento in cui, dopo aver mangiato, Gesù fa capire a Pietro che per portare avanti la Chiesa non basta l’intelligenza ma è necessario un cuore pulsante che ama e conduce al dono di sé fino a farlo diventare completo e, per questo, anche reciproco.
Ed è quell’Amore che si prende cura di ogni fratello e sorella e della casa comune preparata a puntino da Dio prima di introdurvi l’uomo.