02.05.2021 – 5^ Domenica di Pasqua: Una vita che si lega corto con Gesù

02.05.2021 – 5^ Domenica di Pasqua: Una vita che si lega corto con Gesù

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La prima parola chiave che ricorre di più è la vite (ripetuto 3 v.; “tralcio” 5; “frutto”6).
Nella Bibbia ha una lunga storia che parte dalla vite piantata da Noé (Gen 9) e si ritrova soprattutto nei salmi: “vite” o “vigna” è il popolo nella sua relazione con Dio. La novità di Gesù sta nel fatto che Egli chiama “vite” non il popolo, ma se stesso (“io sono la vite”). E con ciò svela il senso del cammino del popolo di Dio e della Rivelazione. La vera vite è il popolo messianico ricapitolato in Gesù.
La seconda parola chiave è il verbo rimanere (ripetuto 7 v. in poche righe: 4 in positivo e 3 in negativo).
È la condizione che identifica i discepoli di Gesù. Non sono i più bravi, i più religiosi o i più morali. Sono semplicemente quelli che rimangono presso di Lui e in Lui. Il cristianesimo è sempre così: inizia da un incontro, da un’occasione data, del tutto gratuita; poi c’è lo stupore e l’attrattiva dell’incontro avuto; quindi la libertà a rimanere, a starci a quell’incontro.
È nel tempo dato a questa convivenza, che lo stupore iniziale e la scoperta crescono, proprio perché le occasioni per stupirsi ancora di quella presenza si moltiplicano. Se Giovanni e Andrea, che pur riconobbero, in quel giorno, Gesù come Messia, non l’avessero più visto, pur conservando per sempre l’impressione della sua eccezionalità, si sarebbero nella vita come dimenticati di Lui. Invece, riaccostandolo, si approfondiva l’impressione originale. Per questo dopo i miracoli ritorna l’espressione “i discepoli credettero in lui”. Non che prima non credessero, ma la convivenza e il constatare ogni giorno l’eccezionalità della sua presenza accresceva la loro certezza.
Qual è, dunque il senso pieno del rimanere?
Torniamo ancora a Giovanni e Andrea, in quel pomeriggio passato presso di Lui: “Che cos’è avvenuto in loro? Non è stata in primo piano la soluzione dei problemi, ma uno stupore, lo stupore di una Presenza. Seguendo questo stupore hanno cambiato anche la vita… L’incontro con Cristo fa venire voglia di seguire, non immediatamente di cambiare la vita” (don Giussani).
Il punto decisivo non sta, dunque, nel “darsi da fare” ma nel consolidare il rapporto con Gesù da cui parte l’atteggiamento giusto per l’annuncio.
Cos’è che ci lega corto con Gesù se non il compiere attimo per attimo la Volontà del Padre? E noi la possiamo cogliere nel quotidiano già previsto e in ciò che il quotidiano ci riserva di non previsto.
Ci sono di luce le Parole stesse di Gesù che fanno la verità su di Lui: “Le cose che Io dico, le dico così come il Padre le ha dette a Me” (Gv 12,50). C’è dunque questa fedeltà al Padre che contiene anche una confidenza perché “il mondo conosca che Tu, Padre, mio hai mandato e che li hai amati come hai amato Me” (Gv 17,23).
Si ricordi poi che la richiesta di rimanere in Lui è fatta nel contesto dell’Ultima Cena dove Gesù stesso assicura: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui” (Gv 6,56).
Il tutto per poi tornare a vivere la vita che ne diventa il banco di prova, se vissuta per il Padre insieme a Lui, assicurandogli: voglio vivere per te, con te e in te, Gesù, ogni attimo. Il frutto, che poi ne scaturisce, è legato alla Parola che è “seme” e “scuola”. È con essa, oltre che con le “crude” circostanze della vita fatta di dolori fisici e spirituali, malattie, tentazioni, dubbi, che il Padre “pota”. Nell’avventura della fede nel Signore Gesù nessuno è preservato dal rischio di attraversare momenti di buio e arrivare anche all’esperienza dell’abbandono, ma possiamo fidarci del Dio che ama la vita, ma una vita così piena, così feconda che noi – con tutta la nostra tensione al bene, al positivo, alla pace – non potremo mai immaginare
E la Volontà del Padre si compie come in cielo così in terra!

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