03.01.2021 – 2^ dopo Natale: Pose la sua tenda tra noi
, Con 0 Commenti, Categoria: Liturgia, Omelie,IL VERBO SI FECE CARNE E POSE LA SUA TENDA TRA NOI.
Nell’ Antico Testamento, si parlava della “tenda dell’incontro” fra Dio e Israele, che era sia il santuario mobile del deserto sia il tempio fisso di Gerusalemme. Questo santuario era detto “casa, residenza, abitazione” divina sulla terra. C’ è, però, una differenza radicale tra le due “tende-presenze”. In Cristo non si ha più un tempio di teli o di pietre, ma di “carne”. Il corpo di Cristo è il nuovo tempio, come dirà lo stesso Gesù.
Partendo dalla tenda mobile possiamo tirare alcune conseguenze concrete.
Templi e Chiese non sono più gli unici o nemmeno i più sicuri luoghi della sua presenza. Anzi da soli, senza le persone che vivono e credono, sono freddi e vuoti. E così molti possono addirittura scambiarli per semplici monumenti storici.
I riti compiuti senza una vita dietro possono risultare gesti incomprensibili e forse anche magici. Cos’è un Battesimo senza una comunità, anche piccola, che crede e accoglie quel bambino insieme ai genitori? E una Messa con canti, monizioni, segni, simboli ma senza una partecipazione attiva di fratelli e sorelle che la collegano alla vita di ogni giorno?
I luoghi di lavoro non sono solo ambienti materiali dove si fatica, dove si mettono a frutto le proprie capacità…ma possono diventare luoghi di esperienza del divino per il rapporto che si crea tra operai e impiegati e datori di lavoro.
La casa dove uno abita ha la sua presenza che rende possibile l’unità stabile tra i due, il perdono tra i membri, la riconciliazione con tutti ed è sorgente di vera pace.
Là dove si trova l’uomo in ogni luogo, in ogni ambiente anche il più difficile e meno raccomandabile, diviene luogo misterioso ma reale della sua presenza. Gesù non teme nulla se ha scelto la tenda.
ABBIAMO CONTEMPLATO LA SUA GLORIA
È certamente quella di Figlio unigenito che viene dal Padre. E se viene dal Padre, Egli porta con sé la vita con il Padre, cioè parla di un’esperienza unica e perenne del suo essere Figlio. È un contemplare la sua gloria, cioè un entrare per essere con Lui, insieme, nel nuovo tempio sotto la tenda che lo ospita. E lì si prende atto che c’è un vero Padre di tutti, che tutti ama. E lì con Gesù s’impara ad essere figli e fratelli tutti.
Gesù è dunque la gloria del Padre e tutto conosce e vede di ciò che esiste poiché “tutto è stato fatto per mezzo di Lui e senza di Lui nulla è stato fatto di ciò che esiste” (Gv 1,3) e anche noi, in Lui, scopriamo la bellezza di ciò che è creato e soprattutto l’identità di figli e la verità dell’essere fratelli veri, tutti.
A Gesù è rivolto lo sguardo del Padre ma anche il nostro. E così possiamo contemplare, in Lui, anche la nostra gloria di uomini viventi e che sono la gioia di Dio, la sua passione, la sua gelosia. In Gesù si contempla tutta la gloria di Dio che non è solo il Figlio unigenito ma anche ogni uomo che vive.
Concludendo:
La tenda suggerisce la condizione di provvisorietà, precarietà. La nostra umanità, assunta dal Verbo, è come una tenda che si può arrotolare; Dio si è fatto come noi, assumendo la condizione della nostra debolezza, facendosi pellegrino nell’ accampamento della nostra vita.
S. Giovanni XXIII era solito ripetere: “Solo per oggi”. Solo per oggi farò felici le persone che incontrerò. Solo per oggi sfrutterò tutti i miei talenti. Solo per oggi…sarò capace di fare quello che non riuscirei a fare per tutta la vita!
I grandi uomini, lo sono diventati perché hanno avuto il coraggio di ricominciare sempre ogni mattina. Ci si promette solo per una giornata. Si comincia ogni volta!
Ecco la tenda nella nostra vita, la stessa tenda che serve a Gesù per abitare in mezzo a noi. Si può arrotolare in qualsiasi istante.
Benedetto sarà quel momento finale se porta in sé tutto il potenziale di una vita, un momento che può e dovrà dire tutto di una persona.
il Verbo si fece carne e pose la sua tenda tra noi.
Nell’ Antico Testamento, si parlava della “tenda dell’incontro” fra Dio e Israele, che era sia il santuario mobile del deserto sia il tempio fisso di Gerusalemme. Questo santuario era detto “casa, residenza, abitazione” divina sulla terra. C’ è, però, una differenza radicale tra le due “tende-presenze”. In Cristo non si ha più un tempio di teli o di pietre, ma di “carne”. Il corpo di Cristo è il nuovo tempio, come dirà lo stesso Gesù.
Partendo dalla tenda mobile possiamo tirare alcune conseguenze concrete.
Templi e Chiese non sono più gli unici o nemmeno i più sicuri luoghi della sua presenza. Anzi da soli, senza le persone che vivono e credono, sono freddi e vuoti. E così molti possono addirittura scambiarli per semplici monumenti storici.
I riti compiuti senza una vita dietro possono risultare gesti incomprensibili e forse anche magici. Cos’è un Battesimo senza una comunità, anche piccola, che crede e accoglie quel bambino insieme ai genitori? E una Messa con canti, monizioni, segni, simboli ma senza una partecipazione attiva di fratelli e sorelle che la collegano alla vita di ogni giorno?
I luoghi di lavoro non sono solo ambienti materiali dove si fatica, dove si mettono a frutto le proprie capacità…ma possono diventare luoghi di esperienza del divino per il rapporto che si crea tra operai e impiegati e datori di lavoro.
La casa dove uno abita ha la sua presenza che rende possibile l’unità stabile tra i due, il perdono tra i membri, la riconciliazione con tutti ed è sorgente di vera pace.
Là dove si trova l’uomo in ogni luogo, in ogni ambiente anche il più difficile e meno raccomandabile, diviene luogo misterioso ma reale della sua presenza. Gesù non teme nulla se ha scelto la tenda.
abbiamo contemplato la sua gloria
È certamente quella di Figlio unigenito che viene dal Padre. E se viene dal Padre, Egli porta con sé la vita con il Padre, cioè parla di un’esperienza unica e perenne del suo essere Figlio. È un contemplare la sua gloria, cioè un entrare per essere con Lui, insieme, nel nuovo tempio sotto la tenda che lo ospita. E lì si prende atto che c’è un vero Padre di tutti, che tutti ama. E lì con Gesù s’impara ad essere figli e fratelli tutti.
Gesù è dunque la gloria del Padre e tutto conosce e vededi ciò che esiste poiché “tutto è stato fatto per mezzo di Lui e senza di Lui nulla è stato fatto di ciò che esiste” (Gv 1,3) e anche noi, in Lui, scopriamo la bellezza di ciò che è creato e soprattutto l’identità di figli e la verità dell’essere fratelli veri, tutti.
A Gesù è rivolto lo sguardo del Padre ma anche il nostro. E così possiamo contemplare, in Lui, anche la nostra gloria di uomini viventi e che sono la gioia di Dio, la sua passione, la sua gelosia. In Gesù si contempla tutta la gloria di Dio che non è solo il Figlio unigenito ma anche ogni uomo che vive.
Concludendo:
La tenda suggerisce la condizione di provvisorietà, precarietà. La nostra umanità, assunta dal Verbo, è come una tenda che si può arrotolare; Dio si è fatto come noi, assumendo la condizione della nostra debolezza, facendosi pellegrino nell’ accampamento della nostra vita.
S. Giovanni XXIII era solito ripetere: “Solo per oggi”. Solo per oggi farò felici le persone che incontrerò. Solo per oggi sfrutterò tutti i miei talenti. Solo per oggi…sarò capace di fare quello che non riuscirei a fare per tutta la vita!
I grandi uomini, lo sono diventati perché hanno avuto il coraggio di ricominciare sempre ogni mattina. Ci si promette solo per una giornata. Si comincia ogni volta!
Ecco la tenda nella nostra vita, la stessa tenda che serve a Gesù per abitare in mezzo a noi. Si può arrotolare in qualsiasi istante.
Benedetto sarà quel momento finale se porta in sé tutto il potenziale di una vita, un momento che può e dovrà dire tutto di una persona.