03.07.2016 – 14^ Tempo Ordinario: Raggio di luce che squarcia le tenebre
, Con 0 Commenti, Categoria: Editoriali, Liturgia,Loris Capovilla, prete, vescovo e da due anni cardinale, già segretario di san Giovanni XXIII che ha “inventato” il Vaticano II e manifestato la misericordia infinita di Dio nel secolo XX: basta ricordare che papa Giovanni nei suoi documenti usa 590 volte il termine “misericordia”, e solo 6 il termine “condanna”! La sua testimonianza in fin di vita lo fa ben capire.
Il papa mi disse, racconta Capovilla, con le sue mani sopra le mie:
“Loris, lascia perdere, quel che importa è che abbiamo fatto il nostro servizio secondo la volontà del Signore, che non ci siamo soffermati a raccattare i sassi che qualche volta di qua e al di là ci venivano lanciati addosso, abbiamo taciuto, perdonato, amato”.
Nel 2007 in una intervista aveva risposto ampiamente alla domanda: «Come vede la sua morte?». Eccone alcuni brani, che già allora parlavano della sua partenza da questa terra avvenuta circa un mese fa:
«L’Angelo della morte mi sta appresso da sempre, e non è uno scheletro con la falce in mano: è un raggio di luce che squarcia le tenebre. La mia ora non può tardare. Ci penso ogni giorno, talvolta con un pizzico di malinconia, e mi dispongo al giudizio senza presunzione e senza timore. Non sono così stolto da ritenermi un giusto. Conosco quanto basta il consuntivo finale. Ripeto sovente: “Ho terminato la corsa, ho combattuto la buona battaglia, ho conservato la fede” (2Tm 4,7)… Nutro fiducia sulle sorti del pianeta Terra. Continuo a proporre attenuanti alle colpe dell’umanità, non per inclinazione al vituperato buonismo, ma per dovere di giustizia temperata dalla misericordia. Sul dipartirmi dal mio amato romitorio e dalle persone care mi investe l’infiammato amore di san Francesco per tutte le creature: “Vorrei condurvi tutti in Paradiso”; e mi conferma nella fede il credo di papa Giovanni. “La mia giornata terrena finisce, ma il Cristo vive e la sua Chiesa ne continua l’opera nel tempo e nello spazio”».
Segue questo finale che parla dell’oggi:
«Vedo nitidamente la sosta di alcune ore del mio frale sul pavimento della cappella di Camaitino e la Messa con un solo celebrante, senza alcun altro orpello, né suono di campane, il silenzioso percorso verso il solatio e spoglio cimitero montanaro; vedo la bara scendere nella nuda terra e sento le voci degli accompagnatori dirmi piamente addio col volto rigato dalle lacrime e il sorriso sulle labbra, consapevoli che tutto è bello e nuovo nel fulgore del Risorto. Tutto è grazia ».
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