Ci sia accorge subito come Gesù voglia liberarci dall’interpretare l’amore; sul quale potremmo dire ognuno la nostra. E ci dice che l’amore da Lui suggerito – lo chiama comando – è di per se unico e non può essere confrontato e barattato con altri.
Quindi Gesù “non si è accontentato di enunciare un principio, ma ha voluto fornire un “metro” concreto. E la misura che ha scelto è del tutto “smisurata”: «Amatevi come io vi ho amati». Il suo amore è stato totale: non ha trattenuto nulla per sé, non si è risparmiato. Ha donato tutto, fino in fondo. Ha offerto la sua stessa vita.
Accettare come Lui di amare senza chiedere garanzie, riconoscimenti, senza pensare a qualcosa in cambio.
Scegliere di donare se stessi, contando solamente sull’amore di Dio che veglia su di noi così come ha vegliato sul Figlio.
In un mondo complesso e complicato, in cui molte volte assistiamo a conflitti e a scontri di ogni genere, non è facile vivere questo amore.
Eppure non ci sono alternative.
È questo amore libero e disinteressato che testimonia la nostra fede.
È questo amore che comporta spoliazione e fatica, la prova più sicura del nostra autentico incontro col Risorto” (Roberto Laurita, in Servizio della Parola).
Intorno all’amore circolano delle parole vaganti: gioia, amici, frutto. L’amore che apporta gioia, fa scoprire l’amicizia ed è sorgente di frutti per il regno di Dio.
È la descrizione di una società fraterna, rafforzata dai vincoli di amicizia, che non nasce dagli sforzi personali ma dalla vita vissuta nell’amore reciproco a tutta prova.
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