05.07.2015 – 14^ Tempo Ordinario: Il riposo

05.07.2015 – 14^ Tempo Ordinario: Il riposo

Pubblicato da Stefano, Con 0 Commenti, Categoria: Editoriali, Liturgia,

Alla parola “estate” associamo subito vacanza, o tempo libero. Facendo un rapido giro nella rete, viene da pensare che nel tempo libero si possa cucinare, lavorare a maglia, fare merletti, coltivare un hobby. Lavoro e gioco sono i due termini che lo delimitano.

Sembra che gli adulti siano da una parte e i bambini dall’altra, con una imprecisata terra di mezzo.

È un tempo in cui poter essere un po’ disimpegnati, senza che nessuno ci guardi.

E viene da dire che il tempo non libero, il tempo occupato, sia come colonizzato da potenze straniere, militarizzato, e non soltanto quello dedicato al lavoro. Le vacanze fanno riflettere sul lavoro che sembrerebbe quasi una brutta faccenda e che per moltissimi oggi, invece, è un diritto negato e un sogno.

Vacanza, poi, viene dal latino vacare; può significare “essere libero, avere tempo, essere disponibile per qualche cosa”. Per che cosa siamo liberi in vacanza? Sarebbe il caso di chiederselo, magari insieme all’altra domanda: cosa ci occupa così pesantemente?

Un altro significato di vacare è “essere vuoto”.

Lo conosciamo tutti, gli adulti, il brutto rumore del vuoto dentro di noi. C’è del buono in questa esperienza: rispecchia la nostra condizione umana, la nostra mortalità.

È, però, espressione cara a tutta la tradizione monastica e spirituale, essere vuoti per Dio. Vuoti, liberi, non svuotati di energie e significati.

Chiariti alcuni significati, ed eliminato il ricordo delle lunghissime estati di infanzie e adolescenze felici, rimane il fatto che è cosa buona riposarsi un po’; anzi, è necessario. Forse perché lavoriamo o troppo poco o troppo e male, non sappiamo più riposare. Ci sembra di non poter riposare, di strappare qualcosa a cui non abbiamo diritto, oppure di non poter riposare perché altrimenti non “facciamo in tempo’: in questo la tradizione ebraica del riposo sabbatico ci aiuta. È prescritto perché non è possibile che l’uomo faccia ogni suo lavoro in soli sei giorni. Dunque il precetto dice (anche): riposa come se il tuo lavoro fosse già fatto. Così insegna la tradizione ebraica.

Pensiamo di poter rinunciare al riposo?

Da rivista “credere”