06.03.2016 – 4^ Quaresima: La libertà dell’amore

06.03.2016 – 4^ Quaresima: La libertà dell’amore

Pubblicato da Stefano, Con 0 Commenti, Categoria: Liturgia, Omelie,

“Il Padre divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto” (Lc 15, 12 – 13).

Quel Padre ha un volto che è quello di Gesù. E il suo Amore è prima dei nostri peccati; ed è così aperto da lasciar andare pur sapendo che quel figlio sperpera o può dilapidare tutto. Il figlio gusta la ristrettezza della sua casa per poi arrivare a gustare molti piaceri fino al sapore delle ghiande. È la prova che mette a nudo la scelta sbagliata. E a questo punto non c’è che da ritornare a fare il servo che almeno mangia!

Ma il giovane non trova ciò che pensa, cioè il declassamento a servo, ma si ritrova di nuovo figlio perché lo è sempre stato.

I gesti di accoglienza sono quelli di un Padre originale.

Il primo è inaudito: “gli corse incontro”.

Nel mondo orientale, dove i tempi non sono i nostri, si vive molto più armonicamente e la fretta è considerato un gesto di grande disonore, di maleducazione e una persona sposata, un padre di famiglia non corre mai. Se una persona corre, significa che perde la propria reputazione.

Poi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare»”.

La veste era una onorificenza che indicava il pieno ripristino nella dignità che aveva prima.

E ancora: “Mettetegli l’anello al dito”, che è la consegna del sigillo della famiglia.

Possedere l’anello significava essere a capo di tutta l’amministrazione. È un gesto pazzesco. L’anello, oggi potremo dire era la carta di credito, il libretto degli assegni della casa. Ebbene a questo figlio incapace, che in breve tempo ha dissipato tutto il suo patrimonio, il padre lo rimette nella dignità di prima e addirittura gli dà l’anello, cioè lo mette a capo dell’amministrazione della casa.

Infine: “Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa”.

 Il mangiare tutti insieme vuol dire che questo figlio non sarà un servo nella casa paterna ma viene pienamente integrato nella vita famigliare.

E questa è la motivazione: “perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a fare festa”. Il figlio è rinato!

Gesù viene a dirci che, davanti al peccatore, l’atteggiamento di Dio è quello di uno che è più infelice del peccatore. Al ritorno del figlio il padre appare liberato e pieno di gioia

Il figlio maggiore, invece, vive una vita senza gusto poiché assapora solamente l’amarezza di un servilismo che gli lascia solo l’acquolina in bocca per un capretto mai condiviso e mangiato.

Il padre e i due fratelli gusteranno un giorno la gioia della paternità, della figliolanza e della fraternità?

Domandiamoci:

Quando sarà così la Chiesa?

Dove uno viene riassunto anche come fratello? Oppure continuerà a pesare il suo passato?