06.09.2015 – 23^ Tempo Ordinario: I sordi odono e i muti parlano!
, Con 0 Commenti, Categoria: Liturgia, Omelie,«Fa udire i sordi e fa parlare i muti!” (Mc 7,37).
Sono due azioni che dicono “relazione”: ascoltare e parlare. Quando non si ascolta più e nemmeno si comunica, sta male il singolo e con lui l’intera umanità.
È importante allora che la persona sia in atteggiamento di “ascolto”, sia cioè aiutata ad aprire se stessa e poter poi assumere ciò che è sano, ristora e dà speranza; e che sia messa in condizione di “parlare”, abbia cioè chi l’ascolti in modo che possa donare il meglio o, anche, il peggio di sé.
Del resto lo stesso comandamento di amare Dio e il prossimo, l’agire cioè concretamente per Dio e per l’altro, non è forse introdotto da una richiesta ben precisa: “Ascolta”?
Gesù dunque sta salvando un uomo dal male peggiore che è quello della “immobilità”. Chi è sordo dice: non ho fatto quella cosa perché non ho sentito! E chi è muto afferma: non potevo dire nulla perché ero bloccato.
Fuori metafora: quanti sordi non hanno chi ascolti per loro e quanti muti non parlano perché sono sempre altri a parlare!
È il non contare, l’essere emarginati.
Ma Gesù insegna anche un’altra cosa: “lo prese in disparte” (Mc 7,33)
E vuole indicare l’esigenza di un “colloquio” che reclama riservatezza. Quando si comincia ad ascoltare, è possibile che inizi anche a parlare il cuore. E questo non si fa in pubblico!
In pubblico poi rientra la persona sanata perché possa rivivere tutti i rapporti, anche quelli sociali.
- Si dice: finché un figlio, tornando a casa, racconta non ci sono problemi. E, di conseguenza, finché casa si comunica, vuol dire che c’è vita!
- Anche nella Chiesa tutti hanno diritto di parlare e non solo e non tanto gli addetti ai lavori. Vanno create occasioni perché ognuno sia messo in condizione di ascoltare e di parlare liberamente.
- Meglio dir le cose davanti che covarle dentro o peggio sciaminarle in giro.
- Per ascoltare è necessario dimenticare se stessi ed essere tutt’orecchio in ciò che si ha da udire sia come Parola di Dio che parola dell’altro.
Per parlare ci vuole l’“ambiente” che accoglie e lo “spazio” che l’altro mi fa. Il nemico dell’ascolto è presumere di sapere in anticipo cosa è ciò che sento e cosa mi dirà colui che mi parla. Mentre il nemico del parlare è voler affermare ciò che si dice – e magari volerlo approvato! – e non offrirlo come dono.
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