08.02.2015 – 5^ Domenica del Tempo Ordinario: Io ero gli occhi per il cieco, ero i piedi per lo zoppo (Gb 29,15)

08.02.2015 – 5^ Domenica del Tempo Ordinario: Io ero gli occhi per il cieco, ero i piedi per lo zoppo (Gb 29,15)

Pubblicato da Stefano, Con 0 Commenti, Categoria: Editoriali, Liturgia,

Il tema di quest’anno ci invita a meditare l’ espressione del titolo tratta dal Libro di Giobbe. Vorrei farlo nella prospettiva della la sapienza del cuore che è:

1. Servire il fratello. Nel discorso di Giobbe si evidenzia la dimensione di servizio ai bisognosi da parte di quest’uomo giusto, che gode di una certa autorità e ha un posto di riguardo tra gli anziani della città. La sua statura morale si manifesta nel servizio al povero che chiede aiuto, come pure nel prendersi cura dell’orfano e della vedova (vv.12-13).

Quanti cristiani anche oggi stanno vicino ai malati che hanno bisogno di un’assistenza continua, di un aiuto per lavarsi, per vestirsi, per nutrirsi. Questo servizio, specialmente quando si prolunga nel tempo, può diventare faticoso e pesante. È relativamente facile servire per qualche giorno, ma è difficile accudire una persona per mesi o addirittura per anni, anche quando essa non è più in grado di ringraziare. E tuttavia, che grande cammino di santificazione è questo!

2. Stare con il fratello. Il tempo passato accanto al malato è un tempo santo.

Chiediamo con viva fede allo Spirito Santo che ci doni la grazia di comprendere il valore dell’accompagnamento, tante volte silenzioso, che ci porta a dedicare tempo a queste sorelle e a questi fratelli, i quali, grazie alla nostra vicinanza e al nostro affetto, si sentono più amati e confortati. Quale grande menzogna invece si nasconde dietro certe espressioni che insistono tanto sulla “qualità della vita”, per indurre a credere che le vite gravemente affette da malattia non sarebbero degne di essere vissute!

3. Uscire da sé verso il fratello. Il nostro mondo dimentica a volte il valore speciale del tempo speso accanto al letto del malato, perché si è assillati dalla fretta, dalla frenesia del fare, del produrre, e si dimentica la dimensione della gratuità, del prendersi cura, del farsi carico dell’altro. Spesso una fede tiepida, dimentica la parola del Signore che dice: «L’avete fatto a me» (Mt 25,40).

4. Essere solidali col fratello senza giudicarlo. La carità ha bisogno di tempo. Tempo per curare i malati e tempo per visitarli. È condivisione che non giudica, che non pretende di convertire l’altro; è libera da quella falsa umiltà che sotto sotto cerca approvazione e si compiace del bene fatto.

L’esperienza di Giobbe trova la sua autentica risposta solo nella Croce di Gesù, atto supremo di solidarietà di Dio con noi, totalmente gratuito, totalmente misericordioso.

Francesco

dal “Messaggio per la Giornata Mondiale del Malato”