08.11.2020 – 32^ Tempo Ordinario: Varcare notti e solitudini – Mt 25,1-13
, Con 0 Commenti, Categoria: Liturgia, Omelie,1. È un chiaro riferimento ad un matrimonio.
C’è una partenza per incontrare lo sposo il cui arrivo non è prevedibile; e c’è un sonno interrotto dal grido: ecco lo sposo!
In Palestina il matrimonio prevedeva un corteo, sul far della sera, dalla casa della sposa a quella dello sposo. E la sposa veniva accompagnata da un gruppo di amiche, che portavano in mano una lampada accesa. Doveva essere uno spettacolo molto suggestivo e gli uditori di Gesù conoscevano bene questa scena.
Nel pensiero di Matteo la lampada è vivere le beatitudini e il discorso della montagna, senza stancarsi. L’ olio che l’alimenta è dunque la vita cristiana che, non può essere a singhiozzo, limitata allo stretto necessario – il cristiano per la domenica e uno per giorni feriali – ma si richiede uno stile continuo di vita capace di rendere straordinario anche ciò che è ordinario.
In particolare deve avere – come appunto dicono le Beatitudini – la capacità di trasformare i momenti difficili attraverso un allenamento continuo a vivere attimo dopo attimo nella realtà del dono.
Non vale allora basarsi su ciò che appare e che dura un istante per poi mettere in luce il vuoto che si è e che si ha. Esattamente come la lampada che, accesa, arde per un momento e poi si spenge per mancanza di olio. Ci vuole la motivazione che spinge ad agire.
2. All’arrivo dello sposo c’è una crisi.
Le lampade di alcune ragazze appena accese si spengono, mentre quelle di altre sono continuamente alimentate.
Qual è il senso? C’è una presenza che svanisce nella notte; c’è una vita che o è presenza luminosa o non è nulla.
Una tale presenza ha, dunque, a che fare con la luce, e anche col fuoco: in fondo, è saper bruciare per qualco¬sa o per Qualcuno; vivere accesi. È l’essere alimentati dall’amore forte, l’amore dono…che, in definitiva, riassume tutta la vita cristiana e produce olio continuo.
Sant’Agostino lo esprime così: Ci hai fatti per Te, Signore, e inquieto è il nostro cuore finché non riposa in te” (Le Confessioni, I,1,1).
Questa parabola è dura.
Dura è la risposta delle ragazze alle loro compagne: andate a comprarvelo perché non si può travasare questo tipo di olio in un altro; ognuno se lo deve produrre vivendo.
Per intenderci non si può costringere qualcuno ad un amore totale, radicale se non vi è abituato o non ha voluto!
Dure sono le parole da dietro la porta sbarrata: non vi conosco perché non avete capito il senso più vero della mia vita, mi avete in qualche modo strumentalizzato ai vostri fini.
Questa durezza sottolinea il «caso serio» della fede, cioè credere all’amore vero e viverlo, e invita a non perdere l’occasione più importante della vita: l’incontro con lo Sposo.
3. La parabola è dura, ma anche consolante.
Pur se le lampade si spengono e le porte sono chiuse, viene uno Sposo; il suo ritardo consuma e affatica, ma egli viene. Non importa se si dorme, se l’attesa è lunga, se il vivere da cristiano sembra, in certe notti, appassire; c’è sempre, dentro ogni mezzanotte, una voce che risveglia. Allora si ravviva il cuore come lampada, e si va’.
Dio non è colui che coglie in flagrante, è una voce che risveglia, un grido a mezzanotte.
La vera forza di ognuno è nella voce di Dio, che ridesta la vita da tutte le sue stanchezze, che consola dicendo che non è stanco, che disegna un mondo colmo di incontri e di luci.
Purché non ci si trastulli con una vita vuota, senza senso e si possa riconoscere ad ogni istante: è proprio vero che chi dona la propria vita, la guadagna!
(con il contributo di un commento di Dom Alessandro Barban, priore generale della congregazione camaldolese)