“Gesù era guidato dallo Spirito nel deserto, per quaranta giorni, tentato dal diavolo” (Lc 4,1.2)
C’è una presenza costante dello Spirito Santo prima, durante e dopo la tentazione. Ciò dice che la tentazione fa parte integrante dell’esperienza dell’uomo sulla terra. Ma va capita.
La tentazione non è peccato ma vederne i contorni e sentirne l’attrattiva senza tuttavia fermarsi per continuare ad andare verso la meta che ci si prefigge. Si tratta dunque di avere una meta, un ideale per cui vivere; che sia forte, per il quale si può lasciare anche le cose più belle.
Ora questo ideale non può essere una struttura (compresa la chiesa quando è tale), un interesse particolare (come lo sport o altro), un qualcosa che poi passa; ma un ideale che resta sempre. Ora quale ideale più sicuro di Dio e Dio che si fa uomo in Gesù e dà all’uomo la possibilità di entrare in se stesso che è da sempre e per sempre?
Le tentazioni o prove servono allora per verificare ciò che è più importante per chi le passa e l’ideale per cui vive.
Ora comprendiamo meglio perché i tre tentativi di tentazione sono andati a vuoto. Esaminiamo il modo usato da Gesù:
1. “Non di solo pane vivrà l’uomo” (Lc 4,4)
Gesù lancia una sfida a tutti noi che giochiamo la gran parte della nostra vita e del nostro tempo per raggiungere un benessere gradito … ma senza futuro.
Questa di Gesù è anche una riposta che induce ad una ricerca continua di qualcosa d’altro del semplice bisogno materiale; una ricerca che implica ciò che tira, in qualche modo, fuori dalla mischia e dal rumore. Una ricerca di deserto come luogo di silenzio e scelta. Luogo di prova ma anche di vittoria.
È un entrare nel deserto della propria vita che dice la presa di coscienza del limite e del peccato che si annida dovunque stuzzicando ad ogni istante l’io che si ingigantisce fino a diventare egoismo e narcisismo che guarda solo a sé e al proprio interesse.
Perché non donarsi del tempo per questo?
2. “Il Signore Dio tuo adorerai: a lui sono renderai culto” (Lc 4,8)
È il momento cruciale di riconoscere che siamo creature. Ora la creatura deve risalire a Colui che la pensata e voluta. È il desiderio di scoprire Qualcuno che la mantiene comunque in piedi ogni giorno e che segue i suoi passi; per accorgersi un giorno che Egli stesso li guida.
È la scoperta di Uno che agisce solo per Amore e per questo è aperto e accogliente. È, come rivela Gesù, il Padre che sta nei cieli. L’adorazione non è altro che la vita di relazione che nasce tra Padre e figlio.
Se è Padre lo adorerò – come rivela Gesù – in spirito e verità cioè nella lode per l’intero creato, nel ringraziamento per il suo amore continuo in ogni circostanza e in ogni atto che sia buono o meno, nella domanda fiduciosa di ciò di cui ho bisogno, nella certezza che egli già lo sa e lo conosce. E, se mi inchinerò a Lui per adorarlo, è per riconoscere la sua presenza operante nel mondo e oltre.
3. Non metterai alla prova il Signore Dio tuo” (Lc 4,12)
Mettere alla prova è come dire: fai tu perché io non ne ho voglia. Il che dimostra la mancata responsabilità che nuoce a tutto ciò che si fa. Mettere alla prova Dio è abdicare alle proprie prerogative di libertà, intelligenza e tatto.
Del resto il chiedere l’aiuto a Dio se esprime la fiducia, l’essere in famiglia, l’essere come in casa, non significa però stare con le braccia conserte.
Dio è sempre pronto a venire in aiuto dei figli che s’impegnano ma non ce la fanno, che si trovano in mezzo a problemi enormi e non sanno come districarsi, che sono tirati da mille parti e rischiano di scaricare tutte le pile.
Gesù oggi ci rimette in sesto delineando un modo di vivere con Lui che è l’eterno contemporaneo.
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