10.04.2022 – Le Palme: Dio non si smentisce mai

10.04.2022 – Le Palme: Dio non si smentisce mai

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Signore, dobbiamo colpire con la spada? (Lc 22,49)
La reazione istintiva di fronte a un aggressore che vuole uccidere è l’autodifesa e nell’orto degli Ulivi, gli apostoli non esitano ad attuarla, e pensano di usare alla spada. Nel testo originale la frase non è una domanda, ma una decisione: “Signore, noi adesso ricorriamo alla spada!”. E difatti, prima di attendere il parere del Maestro, uno di loro passa alle vie di fatto e stacca l’orecchio destro al servo del sommo sacerdote (Lc 22,49-51). Gesù interviene e fa capire che non è quella la strada, poi – ed è questo il particolare che solo Luca riferisce – si prende cura del ferito e lo guarisce (Lc 22,51).
Il Signore si voltò e fissò lo sguardo su Pietro (Lc 22,61).
Solo Luca nota che il Signore, voltatosi, guardò Pietro (Lc 22,61-62) e il verbo greco che usa non è vedere, ma guardare dentro. Lo sguardo di Gesù non è un rimprovero, ma un gesto di comprensione per la debolezza del suo discepolo. Guarda dentro, vede il suo cuore e scopre che egli compie, sì, un gesto meschino, ma in fondo gli vuole bene e gli rimane fedele. Luca indica ai cristiani di ogni tempo come considerare le fragilità proprie e dei fratelli: vanno guardate con gli occhi di Gesù, occhi che infondono fiducia e ridonano speranza, occhi che scoprono, anche nel più grande peccatore, una scintilla di amore e lo aiutano a ripartire.
Oggi con me sarai in paradiso (Lc 23, 43).
Tutti gli evangelisti dicono che Gesù fu crocifisso assieme a due banditi che, per essere crocifissi, sono veri criminali che hanno ucciso persone. Matteo e Marco riferiscono che ambedue insultavano Gesù. Luca invece racconta che uno lo oltraggiava, ma l’altro no, anzi, rimproverava il suo compagno e, chiamando Gesù per nome, gli chiese: «Ricordati di me», dove è la paura dell’uomo che prega; «sarai con me», è la risposta dell’amore. «Ricordati di me», è la supplica del malfattore. «Oggi sarai con me, in paradiso», assicura l’Innocente. Questo crocifisso a lato, riconosce in Gesù la speranza, non di essere sottratto al suo supplizio, ma di avere la possibilità di attraversarlo non più da solo, chiede di essere portato in braccio nel regno dei cieli, nel paradiso, nella vita, nell’amore, nel desiderio, nella speranza.
All’inizio del Vangelo di Luca Gesù compare fra pastori: gli ultimi, le persone disprezzate, gli impuri di Israele. Poi trascorre la sua vita pubblica in mezzo ai pubblicani, ai peccatori, alle prostitute. Alla fine con chi muore? Non con i santi. Anche alla fine – c’era da aspettarselo – si trova fra coloro che più ha amato: i peccatori. E si preoccupa, fin dentro l’ultima agonia, non di sé, ma di chi gli muore a fianco. Egli è venuto da Dio, ha compiuto il suo pellegrinaggio su questa terra e ora torna al Padre. Torna con uno che rappresenta tutti gli uomini: un peccatore recuperato dal suo amore al quale è stata restituita la gioiosa possibilità di poter riscoprire la propria radicale innocenza. Nel suo limite ultimo l’uomo è ancora amabile, ancora salvato. Nessuno è perduto per sempre, nessuno potrà andare così lontano da non poter essere raggiunto.
Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito! (Lc 23,43)
È l’atto finale della vita di Gesù, senza podio. Il risultato di tutta una vita spesa fino in fondo, si riassume in questa preghiera di abbandono. Egli ha fatto ciò che il Padre voleva e non gli resta che concludere così. E ora Lui che “umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce, Dio esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: “Gesù Cristo è Signore!”, a gloria di Dio Padre” (Fil 2,8-11).
Gesù dunque ha chiuso gli occhi sulla terra senza vedere i frutti del proprio agire ma compiendo prima l’atto unico e illuminante di abbandono nelle mani del Padre. E questo è metodo di vita. Quando ci si sente incapaci, senza poter far più nulla e dopo aver cercato di fare di tutto, allora si spengono le nostre possibilità e si accende la luce di Dio che tutto può e gli si lascia la possibilità di coinvolgersi in faccende che lo interessano in prima persona essendo solo Lui a conoscenza del progetto su ciascuno di noi e sulla storia. E che questo metodo sia vero lo dimostra la Risurrezione!
E così, affidati alle mani del Padre, è possibile sulla terra accogliere, come ha fatto Gesù, anche le umiliazioni e perdonare ogni offesa. Non ci faranno più perdere la pace!

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