L’immagine di Dio che Isaia ci lancia è di una tenerezza infinita:
“Come un pastore Egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri” (Is 40,11).
E San Paolo a Tito prosegue:
“Quando apparvero la bontà di Dio, salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini, Egli ci ha salvati per la sua misericordia” (Tt 3,4.5).
Luca nel vangelo dice di Gesù che si è fatto carne della nostra umanità:
“Tu sei il Figlio mio, l’Amato” (Lc 3,22).
Tutto il rapporto con Dio è in riferimento all’uomo. Egli non può stare senza l’uomo che non è più solo immagine e somiglianza ma carne della sua carne. La venuta di Gesù svela cosa Dio ha pensato e pensa dell’uomo, come agisce con lui. Diremmo oggi “guai a chi tocca l’uomo!”.
E potremmo tirare già una conseguenza:
- I mali che ci attanagliano, non saranno forse il minimo di fronte al trattamento disumano dell’uomo?
- Non sarà che tutto sembra andar male semplicemente perché le persone valgono meno di cose e animali?
- Può Dio essere d’accordo con tale sistema?
Il vangelo di oggi fa vedere che Dio pronuncia per l’uomo parole che non sono solo apprezzamento come per cose o animali ma parole che dicono tutto il suo Amore di Padre, la sua tenerezza infinita. Lo dice su Gesù ma in Gesù, per il battesimo, ci siamo tutti e come umanità lo è ogni uomo che esce dalle mani di Dio.
La venuta di Gesù ci fa comprendere anche chi aveva Dio davanti a sé nel momento della creazione.
Gesù è il pensiero più vero di Dio, la sua ragion d’essere come Padre.
E anche noi lo siamo ed Egli non può più stare senza di noi come accade ad un padre nei riguardi del figlio.
1. Sapersi amati da Dio da sempre e per sempre.
2. Rispondere all’amore suo con l’amarci tra noi. Egli è felice quando i figli si vogliono bene.
3. Vivere per la fratellanza universale. Dare tempo agli altri, dare spazio, vivere esperienze insieme.
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