11.05.2014 – 4^ Domenica di Pasqua: Una Porta e un Pastore

11.05.2014 – 4^ Domenica di Pasqua: Una Porta e un Pastore

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“DISSE LORO DI NUOVO: IO SONO LA PORTA”

Porta è Gesù in croce “Colui che è se stessi per essere dono”. Quando tutto sembra chiudersi ai suoi occhi e dentro si affolla un turbinio di sentimenti che hanno sapore di fallimento della missione affidata: ricomporre l’umanità in una sola famiglia. Egli va comun-que avanti e non solo apre una porta ma è diviene egli stesso la porta.

 

“SE UNO ENTRA ATTRAVERSO DI ME, SARÀ SALVO”.

La nostra parte consiste nel passare al di là, coscienti che tutto ciò che ha sapore di dolore ha un nome: Gesù Crocifisso e Abbandonato.

Decifrare il negativo

–             Santa Teresa de Lisieux, malata di tubercolosi, al primo accenno non disse: mamma mia, è sangue! Ma disse così: ecco lo Sposo! Aveva decifrato il negativo dandogli il nome più vero per un rapporto da Sposa.

–             Così un bambino di fronte al terremoto non disse: ho paura, mamma! Ma osservò, con stupore: guarda come tutti corrono ad aiutarsi! Egli vide l’amore nel mezzo del disastro che privava di cose e di persone.

In tal modo s’impara concreta-mente ad “essere dono”, cioè a vedere una perdita del tipo “ti do quest’ oggetto, me ne privo” non come un diminuire se stessi, ma come l’ essere amore, cioè dono e quindi se stessi.

 

“CHI ENTRA DALLA PORTA, È PASTORE DELLE PECORE”

Quel passaggio è per essere “salvati”, cioè perché la vita abbia senso pieno in quanto Lui conosce i pascoli buoni. Il Pastore è Gesù Risorto, presente quando “il dono si fa reciproco”.

Decifrare il positivo.

–       La pace del Risorto: non è “come la dà il mondo”. È vivendo che si capisce quando è illusione o è realtà. Egli assicura: “vi do la mia pace” che non è conquista ma dono suo che va accolto con umiltà e nella semplicità. E specifica ancora: “non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore”. Al con-trario quella del mondo convive con la preoccupazione e il turba-mento: quanto durerà? E vediamo che basta poco a farla saltare. San Francesco salutava con “Pace e bene!”, e lui aveva trovato la pace nella libertà da tutto e da tutti.

–       La gioia del Risorto: egli dice “mia” e quindi anch’essa donata e depositata attraverso l’amore che scende da Dio e si espande. In questa circolazione d’amore è racchiusa la gioia “piena”. Si può arrivare a saper distinguere i momenti di gioia dallo stato di gioia perché questo permane anche quando cambiano le situazioni e non è soggetto agli umori del tempo.