Per la dignità di figli – “già e non ancora”- partecipiamo alla vita di Dio, viviamo nella sua casa e siamo eredi del suo Regno.
Giovanni compie la sua missione in modo egregio: riconosce e annuncia Gesù dicendo, con profonda umiltà, “bisogna che io diminuisca e che Lui cresca”. Lo stesso Gesù ne riconosce il valore e i meriti, mentre ora sta pagando il prezzo della sua coerenza.
E in questa eclissi sorgono in lui delle perplessità. È costui veramente il Messia?
Il perché è abbastanza semplice.
Basta tener presente l’immagine di Messia che, fin da piccolo, Egli aveva assimilato dalle guide spirituali del suo popolo. È in prigione appunto e, conscio di quanto hanno preannunciato i profeti, si aspetta il “liberatore” (Is 61,1), colui che deve ristabilire nel mondo la giustizia e la verità.
Perché Gesù non interviene in suo favore?
Ma egli pur tra perplessità, fra un mucchio di domande, ha il coraggio di mettere in discussione le proprie certezze.
Non perde cioè la fede!
Non preoccupa chi ha difficoltà a credere, chi si sente smarrito di fronte al mistero e agli enigmi dell’esistenza, chi dice di non capire i pensieri e l’agire di Dio; preoccupa chi confonde le proprie certezze con la verità di Dio, chi ha la risposta pronta per tutte le domande, chi ha sempre qualche dogma da imporre, chi non si lascia mai mettere in discussione: una simile fede a volte sconfina nel fanatismo.
È eloquente infatti la conclusione, che è poi un programma di vita, tirata da Gesù: “fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui”.
Perché questi ha la dignità di figlio e non ne esiste altra più grande: il figlio partecipa alla vita, vive in casa ed è erede.
Chi ha colto il volto nuovo di Dio, chi ha capito che il Messia è venuto incontro all’uomo per perdonarlo, accoglierlo, amarlo comunque, è entrato nella prospettiva nuova, nella prospettiva di Dio.
Gesù in risposta all’interrogativo di Giovanni, offre anche il metodo dell’annuncio: Andare e riferite ciò che udite e vedete!
Ognuno che avvicina Gesù e vuole che anche altri lo incontrino, sa cosa e come fare: preparare se stesso e altri ad ascoltarlo, vivere un’esperienza vera con Lui, muoversi con decisione e farne dono. È il metodo che ha usato anche l’apostolo Andrea che dopo essere stato con Gesù, si precipita dal fratello Simone e lo coinvolge nell’avventura.
Non si tratta di parole ma di fatti che parlano. E ciò può accadere se uno è in ombra e fa emergere Colui che può dichiarare: Io sono la luce del mondo! Come a dire: io nel silenzio, perché Gesù possa parlare, io con la mia fragilità, perché Gesù possa agire. Come ha fatto Giovanni il Battista che da profeta forte diviene discepolo in ricerca; come Maria che da umile serva, può cantare le meraviglie di Dio.
Così in ogni momento: non ambire nulla per sé in modo da far emergere l’altro, Gesù in lui. Non pretendere da lui ma, apprezzarlo, cogliendo per primi il suo bisogno e i suoi desideri.