13.02.2022 – 6^ Tempo Ordinario: La parola che converte
, Con 0 Commenti, Categoria: Liturgia, Omelie,“Beato” significa: mi congratulo con te per la scelta che hai fatto. Il termine usato da Gesù suona come “beatitudine-felicità di coloro che …”. Per cui Egli proclama il proprio manifesto della felicità. In pratica l’evangelista dice: “Beati voi, che avete fatto una scelta in favore degli altri, non dovete preoccuparvi perché Dio si prende cura di voi”.
Cerchiamo di vedere le beatitudini dall’ angolatura della povertà che, per Gesù, è accesso alla vita nel Regno di Dio, vita che si evolve e diviene sempre di più inclusiva.
Il povero conosce un nuovo modo di approvvigionamento che trova nel Padre il più grande fornitore ed è possibile sperimentare la provvidenza sotto forma di condivisione.
Il povero può scatenare la rivoluzione della comunione dei beni sapendo cosa significa non avere di che nutrirsi. Chi ha fame sa capire chi non mangia e può dividere ciò che ha con chi non ha nulla.
Il povero scopre la gioia di soffrire insieme sentendo su di sé il peso che grava sull’altro. E sarà Dio a consolarlo tramutando il suo pianto in gioia. I semi da lui gettati nel dolore cresceranno e daranno frutti copiosi (Sal. 126,6)
Il povero è libero da sé in tutti i sensi, e si ritrova tutto nel donarsi. È proiettato sull’altro, sull’altra e vive per loro. … non riceve ricchezza ma il Regno di Dio dove nessuno più è bisognoso e si comprende che la vita non dipende dai beni che si possiede e che quindi non vale la pena legare il cuore al denaro.
Un tale modo di vivere che passa da egoismo, competizione, sopraffazione, ricerca del proprio interesse al dono gratuito, alla disponibilità al servizio disinteressato, alla ricerca dell’ultimo posto, trova ostacoli ma ha la libertà dal dover salvare, per forza, la fama o il buon nome e rende liberi i figli di Dio sempre più somiglianti a Gesù godendo di una gioia mai provata quella da Lui stesso promessa.
E questo a differenza di chi è ricco e ripone tutti suoi pensieri e progetti su ciò che ha tra le mani e che lo assicurano e gli danno consolazione, finché dura, finché non giunge una malattia che fa crollare in un momento tutta l’impalcatura; o di chi è sazio e che pensa “sto bene io, stanno bene tutti”, e vive demonizzando il tempo degli affari che ristagnano o addirittura vanno male e che fanno cadere il castello di carta; o di chi se la gode cavandosi tutte le voglie e cercando di passare da un emozione ad un‘altra con il risultato di rimanere sorpreso allorquando questo non è più possibile e non sa più come gestire la vita; o, ancora, di chi cerca il consenso… riceve applausi che possono essere benissimo non solo passeggeri ma ingannevoli e preludio di una caduta da questa stessa altezza a cui è stati posti. Tutto accade perché incapace a vivere una vita normale.
In conclusione
Importante è uscire da sé, dal proprio modo di vedere, pensare e agire, per accogliere e attuare il pensiero di Gesù che “pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini” (Fil 2,6.7).
È la vera povertà!
Perché non cercare questo regno vivendo come fatto normale il condividere e il porre in Dio la nostra speranza?
Si potrà vedere il Regno che Dio estende sulla terra per la gioia di tutti. Cosa c’è di più bello della gioia condivisa?