Il 13° capitolo sembra essere stato inserito da Marco per incoraggiare i cristiani del suo tempo messi di fronte a fatti incresciosi. L’impero romano è sconvolto da guerre, pestilenze, calamità e carestie. Le comunità cristiane sono perseguitate e, profondamente turbate, non riescono più a cogliere il senso di ciò che sta accadendo.
In una tale situazione critica, sorgono, come solito, i profeti di sventura che vanno predicando l’imminente catastrofe, la fine di tutto il creato e il ritorno di Cristo.
C’è disorientamento ed è necessaria una chiave di lettura degli eventi.
1. Il brano si apre con la caduta degli dei!
Nella cultura del tempo il sole, la luna e le stelle erano divinità adorate dai popoli pagani e considerate come quelle che fanno il buono e cattivo tempo. Cui cercavano di tenerseli buoni facendo preghiere e sacrifici. Ora questi idoli perdono il loro splendore, e segnano un arretramento delle forze del male.
2. Il passo avanti del regno di Dio
Per ogni luce che si spegne, se ne accendono cento. E sta qui l’incoraggiamento di Marco. Di fronte alle difficoltà che la comunità vive – persecuzione, condanne a morte e, purtroppo, anche discordie e divisioni – e ne è sconvolta e incapace di reagire, c’è la promessa di Gesù che ricompatterà tutti i dispersi attraverso quei discepoli che, nella prova, si sono mantenuti saldi nella fede. Sono loro gli angeli incaricati di ricondurre i fratelli nell’unità della chiesa.
3. Ma quando accadrà questo?
Sulla terra a nessuno è possibile conoscere il dopo, né prossimo e né futuro. L’unico che tutto sa è il Padre. E questo vale per tutti, anche per il Figlio che si è fatto uomo.
Cosa significa e comporta tutto questo?
Fare come Gesù: dare pieno credito al Padre, fidarsi del suo Amore, gettare in Lui ogni preoccupazione e angoscia, rimettendosi completamente a Lui e, soprattutto, essere certi che, se non possiamo nemmeno immaginare un padre che possa fare qualcosa di male ad un figlio, quanto più il Padre celeste!
Va dunque creduto l’Amore che il Padre ha in noi, lasciarsi amare e vivere di Amore.
Così “quel” giorno può essere “ogni” giorno quando la difficoltà, le contrarietà, il negativo, generano, per questo Amore, qualcosa di nuovo, di vero, di buono e di bello. Nulla è fuori di questo Amore, nulla.
Gesù porta l’esempio del fico che, allo spuntar delle foglie, fa capire al contadino che l’estate è vicina, così anche i cristiani coltivano la sensibilità e lo sguardo per cogliere in tutto ciò che accade i segni di un nuovo inizio. Papa Francesco scrive: “La risurrezione di Cristo produce in ogni luogo germi di un mondo nuovo; e anche se vengono tagliati, ritornano a spuntare, perché la risurrezione del Signore ha già penetrato la trama nascosta di questa storia, perché Gesù non è risuscitato invano. (EG 278). Poiché non sempre vediamo questi germogli, abbiamo bisogno di sapere con certezza che chi si offre e si dona a Dio per amore, sicuramente sarà fecondo (cfr Gv 15,5), ma senza pretendere di sapere come, né dove, né quando. … non va perduto nessun atto d’amore per Dio, non va perduta nessuna generosa fatica, nessuna dolorosa pazienza. (EG 279)
Oggi possiamo vivere nella certezza che “lo sa Papà!” e questo ci basta per vivere da figli amati da Lui in ogni circostanza. Scrive ancora Papa Francesco: “Impariamo a riposare nella tenerezza delle braccia del Padre in mezzo alla nostra dedizione creativa e generosa. Andiamo avanti, mettiamocela tutta, ma lasciamo che sia Lui a rendere fecondi i nostri sforzi come pare a Lui” (EG 279).
Tanto basta per rimanere sereni.