15.02.2015 – 6^ Domenica del Tempo Ordinario: Gesù, uomo del rischio
, Con 0 Commenti, Categoria: Liturgia, Omelie,Si tratta oggi della guarigione di un lebbroso che nell’ambiente giudaico era paragonata alla risurrezione di un morto. Il lebbroso era infatti considerato come un morto, la sua presenza rendeva impuri, cioè inabili alla vita della comunità sacra, come il contatto con un cadavere. Era essenzialmente uno escluso, tagliato fuori dalla società.
Lo scrittore Giuseppe Flavio afferma che Mosè “fece allontanare dalla città anche gli ammalati di lebbra…I lebbrosi stavano perciò sempre fuori delle città; dal momento che essi non potevano incontrare nessuno non erano in nulla diversi da un cadavere” (Antichità Giudaiche, III, 11,3).
Gesù tocca l’intoccabile: il segregato, l’isolato, l’infettato, il contagioso, l’immon-do, l’impuro. Ma il suo toccare non lo fa restare coinvolto anzi, oltre a dare guarigione, esprime il contatto umano ristabilito. Anziché venire contaminato da lui, gli comunica la propria santità. E gliela comunica con una parola decisiva, piena di autorità divina: Lo voglio, guarisci!
E così anche il lebbroso guarito può diventare un annunciatore della parola, kerysson…ton logon, cioè colui che comunica il messaggio nuovo racchiuso nel gesto di Gesù.
Gesù è venuto ad abolire ogni genere di frontiere: non solo quelle territoriali, ma anche quelle che dividono gli uomini.
Gesù non lo rimanda fuori dell’accam-pamento, non lo allontana, ma lo tocca e lo guarisce reinserendolo nella comunità.
In concreto:
L’emarginato guarda verso di noi e dice: puoi fare qualcosa per me? Gesù lo affida a noi! Lo faremo sentire solo e abbandonato?
Tre parole decisive:
RISCHIARE SUL SERIO.
Gesù toccando il lebbroso rischia grosso può essere contagiato, può subire la condanna civile e religiosa.
PAGARE DI PERSONA.
Le scelte hanno conseguenze da mettere nel conto. Gesù sarà condannato addirittura per “sovversione”!
CREDERE ALL’AMORE.
Gesù vince mettendo l’amore dove non c’era, anche dentro il dolore.
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Di fronte alla caduta dei grandi racconti dell’ideologia, propri della modernità, i credenti sono chiamati a testimoniare con la vita che ci sono ragioni per vivere e per vivere insieme e che queste ragioni ci sono state offerte in Gesù Cristo. Si tratta di ritornare al primato di Dio, riconosciuto nella preghiera e celebrato nella liturgia. C’è bisogno di cristiani adulti, convinti della loro fede, esperti della vita secondo lo Spirito, pronti a rendere ragione della loro speranza. Anche in base a queste considerazioni, si può supporre che l’avvenire del cristianesimo o sarà più marcatamente spirituale e mistico o potrà ben poco contribuire al superamento della crisi e al cambiamento in atto nel mondo. Con le parole di André Malraux, fatte proprie da Karl Rahner: “Il cristianesimo del XXI secolo o sarà più mistico o non sarà!”.
(Mons Bruno Forte, arcivescovo di Chieti- Vasto)
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