Gesù indica la “carta di identità” del cristiano: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri”.
Gustiamo la preziosità di queste parole:
1. Da questo tutti sapranno: Gesù introduce suscitando un po’ di curiosità. È come dire: preparatevi a qualcosa di importante e concreto. Ciò che intende dire sarà sotto gli occhi di tutti, non potrà rimanere nascosto. Si tratta di una scuola di vita a cui non ci si potrà sottrarre. Si irradierà di per sé, senza alcuna spiegazione.
2. Che siete miei discepoli: sarà il riconoscimento di una appartenenza. Implicherà un uscire allo scoperto con tutte le conseguenze positive e negative.
3. Se avete amore: si tratterà di una scelta precisa, quella di amare; vivere ogni giorno in donazione. Con una specificazione:
4. Gli uni per gli altri: un tale amore sarà vero, e quindi contagioso, se va e ritorna ed è quindi reciproco.
E proclama: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri”.
Perché Gesù chiama “comandamento” ciò che può apparire cosa del tutto normale? Lo chiama così perché vuol esprimere il suo grande desiderio di restare sempre con noi. Assicura infatti “dove sono due o tre riuniti nel mio nome (nel mio Amore), lì sono io in mezzo a loro” (Mt 18,20). E tutto poi racchiude nell’Eucaristia, vero scrigno d’Amore e d’Amore reciproco!
È un comando e non un suggerimento perché non si baratti con altre cose. È questo che ha la precedenza su tutto. È il primo e insostituibile. È il vero segno di riconoscimento. Altri ne hanno di diversi, i cristiani hanno questo.
E allora tutto si deve fare per comporre e ricomporre un tale Amore che attira Gesù con tutta la Trinità in quanto è della stessa marca. E quel “come” Io ho amato voi, ne esprime la quotazione più alta perché divina; che tuttavia si declina in ogni gesto, piccolo o grande che sia, che strappa da sé per condurre all’altro e all’altra. Del resto se amare non costasse nulla, dove sarebbe il suo valore?
E allora proviamo ad amare tutti fino a che un tale Amore non abbia il timbro di “reciproco” e sia casa per Gesù e la Trinità, che sono di tutti e per tutti e tutti abbracciano.
E come può il semplice amare diventare reciproco? Bisogna imparare a:
Vivere per l’altro: considerare l’altro così importante da fargli sentire che è amato. Si tratta di una uscire da sé, dal proprio egoismo per raggiungere l’altro così com’è.
Vivere con l’altro: camminare insieme con lui, condividendo ciò che si è e ciò che si ha; e sperimentarne la ricchezza che ne scaturisce.
Imparare a vivere nell’altro: è il culmine dell’amore reciproco che vede l’altro come se stesso.
Ecco alcuni spunti di vita che formano un piccolo metodo:
- Togliere dal modo di pensare il proprio tornaconto.
- All’incontro con l’altro ripulire (resettare) la propria mente.
- Apprezzare l’altro come una ricchezza.
E c’è il campo di allenamento, quello della piccola comunità dove s’impara a vivere così e far sì che diventi popolare. E accada, fin d’ora, ciò che dice l’Apocalisse: “Egli abiterà con loro ed essi saranno suoi popoli ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio” (21,3).
Tredicina dell’Amore reciproco
1. Considerarsi “parte” e “non il tutto”.
2. Verificare con altri il proprio modo di pensare.
3. Agire a corpo.
4. Avere “misericordia” cioè l’altro, in particolare il misero, nel cuore.
5. Preferire il faccia a faccia e il gesto concreto.
6. Pregare gli uni per gli altri.
7. Servirsi dell’Eucaristia per essere uno.
8. Tener conto del ritmo del più debole.
9. Ascoltare fino in fondo per poter poi parlare.
10. Usare la pazienza dell’amore.
11. Superare la fatica dello stare insieme.
12. Mantenere relazioni e costruirne di nuove.
13. Non temere il buio se si sta dando luce.