19.02.2017 – 7^ del Tempo Ordinario: LA SCALA DELLA CARITÀ PER GIUNGERE AL CIELO (Mt 5,38-48)
, Con 0 Commenti, Categoria: Liturgia, Omelie,Gesù non vuole insegnare l’eroismo perché vorrebbe dire che il cristianesimo è fatto per pochi.
Tutto ciò che Egli ci dice punta tutto sulla sua esperienza di vita e sulla nostra felicità.
Ora Gesù vive con il Padre e lo Spirito in perenne comunione e, venendo, non può che continuare a viverla. Non può prescindere da questa sua identità di Figlio del Padre e nemmeno nasconderci che noi siamo fatti a sua immagine: siamo figli ma uniti a Lui e quindi a tutti gli effetti.
Cosa comporta tutto questo? Che noi saremo veramente felici solo quando questa realtà è vissuta e sperimentata! Un figlio è triste e si sente solo quando vive da orfano!
Ma c’è di più!
Quando nasce disaccordo o disappunto tra i figli accade quella disarmonia che assomiglia alla perdita di un fratello o di una sorella. Come è possibile vivere a lungo in questo stato da guerra fredda? Quanto sono deleteri i silenzi causati dall’incomprensione prima e dall’offesa dopo! Sono ferite molto dolorose che rendono veramente tristi.
Ecco allora i suggerimenti di Gesù.
Io ti dico di non opporti al malvagio, cioè non star lì a far carte di denuncia che ti rendono acido il cuore e impossibile una vita serena. Usa il metodo del lasciare la corda lenta, sempre più lenta, finché l’altro vede che non c’è proprio nulla da fare e in qualche modo cede…e forse cambierà il suo futuro!
E ancora:
Amate i vostri nemici, cioè non date loro la possibilità di dire: tanto lui o lei sono come me! Perché questo sarebbe un convincerlo sulla verità di ciò che sta facendo. Mentre chi è o si fa nemico non può essere mai nella verità anche se crede di averla!
Pregate per quelli che vi perseguitano, date loro la possibilità di credere a ciò che dite o fate. Quanti si sono convertiti di fronte alla testimonianza di coloro che erano dagli stessi osteggiati o insultati o, in qualche modo, derisi. E hanno pensato: perché agiscono così nonostante che ricevono improperi e rimangono sereni?
San Fulgenzio di Ruspe, vescovo, così parla di Santo Stefano e di San Paolo:
La carità che fece scendere Cristo dal cielo sulla terra, innalzò Stefano dalla terra al cielo. La carità, che fu prima nel Re, rifulse poi nel soldato.
Stefano quindi, per meritare la corona che il suo nome significa, aveva per armi la carità e con essa vinceva dovunque. Per mezzo della carità non cedette ai Giudei che infierivano contro di lui; per la carità verso il prossimo pregò per quanti lo lapidavano. Con la carità confutava gli erranti perché si ravvedessero; con la carità pregava per i lapidatori perché non fossero puniti.
Sostenuto dalla forza della carità, vinse Saulo che infieriva crudelmente e meritò di avere compagno in cielo colui che ebbe in terra persecutore. La stessa carità santa e instancabile desiderava di conquistare con la preghiera coloro che non poté convertire con le parole.
Ed ecco che ora Paolo è felice con Stefano, con Stefano gode della gloria di Cristo, con Stefano esulta, con Stefano regna. Dove Stefano, ucciso dalle pietre di Paolo, lo ha preceduto, là Paolo lo ha seguito per le preghiere di Stefano.
Quanto è verace quella vita, fratelli, dove Paolo non resta confuso per l’uccisione di Stefano, ma Stefano si rallegra della compagnia di Paolo, perché la carità esulta in tutt’e due. Sì, la carità di Stefano ha superato la crudeltà dei Giudei, la carità di Paolo ha coperto la moltitudine dei peccati, per la carità entrambi hanno meritato di possedere insieme il regno dei cieli.
La carità dunque è la sorgente e l’origine di tutti i beni, ottima difesa, via che conduce al cielo. Colui che cammina nella carità non può errare, né aver timore. Essa guida, essa protegge, essa fa arrivare al termine.
Perciò, fratelli, poiché Cristo ci ha dato la scala della carità, per mezzo della quale ogni cristiano può giungere al cielo, conservate vigorosamente integra la carità, dimostratevela a vicenda e crescete continuamente in essa.
Due cose poi non si possono mai patteggiare:
- La preghiera per chi ci fa del male.
- Il saluto a tutti, proprio a tutti.
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