“Gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato” (Mc 6, 30).
Ecco la riprova di evangelizzazione che porta frutto per il regno di Dio.
Siamo di fronte a persone che hanno quasi timore di parlare per non sbagliarsi. E sentono di compiere una verifica di ciò che hanno fatto e insegnato.
È anche un segno di vera unità con il pastore che esprime quella volontà di Dio, che è capace di incidere e di essere valutata come una vera buona notizia.
Se i discepoli si comportano così, è anche perché era normale per loro farlo; era naturale raccontare a chi li aveva inviati, cosa era successo.
E Gesù ascolta e lancia un invito:
“«Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’»” (Mc 6, 31).
È un atto di estrema delicatezza da parte di Gesù che è consapevole di quanto sia bello ma anche faticoso lavorare per il regno di Dio. In realtà è un impegno che si avventura nel buio dell’incomprensione oltre che nelle difficoltà del viaggio.
Ma accade l’imprevisto:
“Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose” (Mc 6, 34)
Tutto è bello, tutto è importante ma nulla deve frenare l’avvento del Regno di Dio. E l’urgenza non la stabilisce il pastore ma le stesse persone, il loro desiderio e la loro sete.
Quando si tratta amare, di donare la propria vita per l’altro, non esiste più nulla che possa prevalere. E Gesù, per questo, si ferma con la gente sicuro che quella è la volontà del Padre.
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