Il testo dice che il cieco sedeva ai margini del cammino. E da qui si leva il grido verso il Figlio di Davide. Ma tra il cieco e Gesù c’è un barriera: i “molti” che seguono Gesù lo vogliono far tacere: non si può disturbare il Maestro che ha cose più importanti da fare che fermarsi per un accattone! E per superare la barriera dei sordi, grida più forte. Quel grido non per Gesù, che lo sente bene, ma per chi lo circonda, che ora non può più far finta di non sentire e rimanere indifferente di fronte al bisogno dell’uomo.
Come si comporta Gesù?
Si fermò! – C’è un cammino in corso e una meta fondamentale da raggiungere (Gerusalemme!); ma come può essere raggiunta se non ci si ferma ad accogliere anche uno solo di quelli per i quali si mette in gioco la stessa vita?
Chiamatelo! – Non Gesù lo deve chiamare ma quelli che tentano di impedirlo con la loro tipica presunzione. Gesù vuol, per loro, una costante condizione di conversione; come può, senza di essa, accadere che l’estraneo, l’emarginato, il comunque “altro”, si avvicini a Lui?
Coraggio, alzati, ti chiama! – i suoi, convertiti, acquistano una nuova capacità di accoglienza non verso se stessi ma verso il Maestro. Anche questo è un “miracolo” dell’azione liberante di Cristo, che permette al cieco di balzare in piedi – è già esperienza pasquale – e gettare via il mantello – segno di una nuova condizione -.
Gesù, voltosi a lui, gli disse: cosa vuoi che io faccia per te? – Sembra incredibile una tale domanda fatta a chi lo invoca e perché! Il Maestro si “volta a lui”, voltarsi è convertirsi, e non “a se stesso”. È Gesù che si converte, volgendosi verso l’uomo: lo vuole responsabile di se stesso, attore e gestore della propria vita; e lo fa capace di decidere di se stesso.
Va’, la tua fede ti ha salvato – Gli dice: “va’”, non “vieni”! Ora sei in grado di fare le tue scelte”.
È dunque il Dio che si propone sempre, senza mai imporsi, il Dio che vuole l’uomo suo interlocutore e non suo servo acritico e perciò inconsapevole (Gv 15,15; 13,17)
e subito vide e lo seguiva in mezzo al cammino. – Colui che è liberato da ciò che gli impedisce di essere uomo, fa la sua scelta e segue il Liberatore. Si notino i tempi diversi dei due verbi vide – episodio che accade, e seguiva, – conseguenza di vita -.
Il testo che si era aperto con il cieco ai margini del cammino, ora termina con il nuovo vedente in mezzo al cammino. Egli, tornato uomo libero, cammina in mezzo agli altri uomini pure essi liberati, resi capaci di vedere gli altri ad opera del Maestro.
Per concludere:
Gesù non è venuto per fare sfoggio della divinità ma per amare l’uomo. Ed è questo Amore che lo svela, ri-velandolo. L’Amore parla al cuore e dà luce alla mentre; se ne fa esperienza ma tutto rimane velato. E questo perché dice se stesso stimolando la ricerca della Sorgente.
L’Amore è il linguaggio di Dio che in Gesù si trasforma in linguaggio umano così che si può rivolgere a me e chiedere: cosa pensi che io possa fare per te? Qual è il tuo problema? Dimmi che cosa desideri e vuoi da me! La posizione è capovolta, non io rivolto a Dio ma Dio che si volge verso di me.
Oggi allora posso dire non solo: che cosa vuoi, Gesù, da me; ma anche: ecco cosa voglio, Gesù, da Te. E mi posso rendere conto che voglio essere amato da Lui, che mi stia vicino e cammini con me e la strada sia quella giusta, dove anch’io posso dire all’altro: cosa vuoi che io faccia per te?
In tal modo la scuola di Gesù raggiunge il suo scopo suscitando in me la sua stessa domanda che posso rivolgere all’uomo e alla donna, mentre li guardo.