25.07.2021 – 17^ Tempo Ordinario: Basta la condivisione
, Con 0 Commenti, Categoria: Liturgia, Omelie,Partiamo da una domanda: come conciliare il presente con il futuro?
E questo perché pur convinti che il regno di Dio si compirà alla fine dei tempi, tuttavia il segno compiuto da Gesù vuole indicare che la società nuova, in cui tutti possono vivere secondo il progetto del Creatore e disporre di mezzi sufficienti per soddisfare i bisogni fondamentali, deve iniziare qui e subito.
Qui abbiamo il problema del pane per sfamare. Come è possibile sfamare tutti e ne avanzi?
Gli apostoli avanzano i dubbi che rispecchiano le nostre perplessità. Filippo, ad esempio, fa un rapido calcolo: con 200 denari si possono approntare 4800 mezze razioni (v. 7). Poi interviene Andrea, fratello di Pietro, che fa notare: “C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci”, poi, come rendendosi conto di aver fatto un’osservazione priva di senso pratico, subito soggiunge: “Ma che cos’è questo per tanta gente?” (v. 9).
Attraverso un ingegnoso dialogo, Gesù ha fatto emergere quali sono o non sono le soluzioni dettate dalla sapienza degli uomini per risolvere il problema della fame nel mondo.
La conclusione è scontata: le bocche da sfamare sono troppe e le risorse insignificanti. Il massimo che si può ottenere in questo mondo è una buona organizzazione di assistenza sociale, ma è impensabile che la miseria possa essere sconfitta.
È a questo punto che Gesù prospetta la sua soluzione: “Fateli sedere” (v. 10). È così scartata l’idea che il regno di Dio si attui in una sfera separata dalla realtà concreta. La parola di Gesù è destinata ad essere un fermento sociale, a trasformare tutto il mondo e tutto l’uomo. E se Gesù fa sedere le persone “sull’erba verde”, significa che si presenta come il pastore annunciato dai profeti, che è stato inaugurato il banchetto del regno di Dio (Is 25,6), ed è sorto il mondo nuovo, in cui nessuno dovrà più azzuffarsi per il cibo, perché ce ne sarà in abbondanza per tutti.
Come verrà costruito questo mondo nuovo?
Gesù indica qual è la sua proposta compiendo un gesto: prende il pane che è stato offerto, lo distribuisce e il prodigio avviene, realizzato dalla fede nella sua parola che è un invito alla condivisione, alla rinuncia a possedere e a conservare per sé. Non per nulla Giovanni è l’unico evangelista che nota che chi ha messo a disposizione di tutti il poco cibo che aveva era un ragazzo, un bambino e che il suo pane era d’orzo (v. 9), l’alimento dei poveri. Fatto di grande valore simbolico: nel vangelo il bambino è il modello del discepolo; coloro che vogliono entrare nel regno dei cieli devono diventare come bambini (Mc 10,15). Per cui risulta più chiaro il messaggio: il bambino, povero, è il discepolo chiamato a mettere a disposizione dei fratelli tutto ciò che possiede.
Quindi Gesù non fa che dare ciò che già prima è stato dato. Lo fa circolare ora alla sua maniera divina e domani può accadere alla nostra maniera umana, che diventa anch’essa divina, per la comunione dei beni su scala più vasta.
La comunione, tradotta in condivisione, dice l’essere vero del cristiano, il suo DNA, l’‘amatevi’ messo in vita; e questo in tutte le circostanze che si presentano.
Gesù, infatti, dice di sé: “tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi” (Gv 15,15) e “al loro ritorno, gli apostoli raccontarono a Gesù tutto quello che avevano fatto” (Lc 9,10). È un vero essere che diventa stile di vita.
C’è da riflettere: quante cose belle e buone, non importa se piccole, che riserviamo per noi, magari gustandole, pian piano svaniscono lasciandoci insoddisfatti! Se imparassimo a donarle, il bene crescerebbe a dismisura per la crescita di tutti.
Stiamo ora celebrando l’Eucaristia. Il fatto pur non facendovi esplicito riferimento tuttavia non si può non notare che il racconto è in chiave eucaristica. Sarebbe un controsenso spezzare insieme il pane eucaristico e non condividere il pane materiale … e quant’altro!