25.12.2022 – Natale del Signore – Messa della notte: Maria diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia
, Con 0 Commenti, Categoria: Liturgia, Omelie,Gesù viene. È Lui che prende l’iniziativa. Non sono io ad andare da Lui. È come se mi dicesse: non ti scomodare perché vengo io a casa tua. non per nulla egli si chiama Emanuele, Dio con noi. È così che accade l’incontro con lui e la scelta di seguirlo. La fatica del cammino viene dopo, dietro a lui… ma con lui avanti come apripista.
Dove sta allora la mia parte? Aprire il cuore facendo pulizia da tutto ciò che lo ingombra. È preparare la strada così da rendergli più agevole arrivare, perché lui vuole venire. Non posso lasciare a lui farsi strada anche perché sarebbe come un’azione urgente e quindi di forza, e naturalmente più dolorosa. È bene che ci pensi da solo a farla.
“Maria diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia”
A Betlemme Giuseppe come sacrista allestisce come può, ma al meglio, l’ambiente di culto: una stalla del gregge di pecore; Maria dà Gesù al mondo e lo pone sul primo altare della storia: una mangiatoia.
In quella stalla senza rumore due genitori sono avvolti dal mistero e il bambino che nasce e piange dice, come può, la sua presenza d’amore.
“Gesù è venuto a rivelare il volto di Dio a tutti coloro che lo cercano. E il volto di Dio si è manifestato in un volto umano concreto. Non è apparso in un angelo, ma in un uomo, nato in un tempo e in un luogo. E così ci indica che la salvezza passa attraverso l’amore, l’accoglienza, il rispetto per questa nostra povera umanità che tutti condividiamo in una grande varietà di popoli, di lingue, di culture…, ma tutti fratelli in umanità! Allora le nostre differenze non sono un danno o un pericolo, sono una ricchezza. Come per un artista che vuole fare un mosaico: è meglio avere a disposizione tessere di molti colori, piuttosto che di pochi” (Papa Francesco alla benedizione Urbi et Orbi Natale 2018).
Il futuro allora non sta nell’ organizzazione perfetta ma nell’emergere dei doni di cui uno è stato dotato, del progetto su di lui, e che si evidenzia stando ciascuno al suo posto, accanto all’altro per formare, come fiori, l’unico giardino già pensato da Dio nella prima creazione e ora che si realizza in quella nuova. La bellezza di ogni fiore è la grande e vera ricchezza dell’umanità. Il resto è solo residuo da scarto.
Proprio come un mosaico dove ognuno è una piastrella viva, che comprende, capisce il proprio posto, conosce quello degli altri, ed è cosciente anche del significato di sé stessa nell’insieme. Anzi, vede con evidenza che essa ha valore soltanto nell’insieme. Nello stesso tempo però le è chiaro che, se mancasse, il mosaico risulterebbe incompleto. Ognuno è investito di un proprio compito e ha il dovere di stare al proprio posto.
Cosa posso fare?
Scendo in profondità: lì scopro la bellezza della mia vita, tutti i doni depositati e mi ritrovo capace di fare il bene e di relazioni nuove.
Alzo lo sguardo e vedo l’altro, l’altra: vi ritrovo la stessa preziosità; con altri doni; c’è una ricchezza che, sommata da persona a persona, diviene un patrimonio.
E come bambini si può tirare fuori questi doni e provare a metter mano alla costruzione, un pezzo io e un pezzo tu, e così ciascuno concorre con la sua parte.
Così vedo l’oratorio che Dio ci ha donato… quel futuro pieno di speranza che ne dice il motivo.
Qui in maniera più ampia vedo la comunità parrocchiale dove ognuno è diverso e che compone il vero mosaico della chiesa.