26.04.2020 – 3^ di Pasqua: Un viaggio, il nostro viaggio
, Con 0 Commenti, Categoria: Liturgia, Omelie,La sera di Pasqua, una coppia si ritrova per la solita passeggiata e non potevano se non parlare del fatto di cronaca che riguardava uno degli ultimi “crocifissi” che a dir di Pilato “non aveva fatto nulla di male” e quindi era “innocente”. Li avvolgeva una vera tristezza.
Anche loro l’avevano conosciuto e avevano ascoltato le sue parole. Non dispiaceva il suo discorso e le sue proposte. Lo difendevano davanti agli altri, se non altro per il coraggio e la coerenza che stava dimostrando.
Mentre stanno tornando verso casa, li affianca qualcuno che sembra piuttosto giovane. Non lo conoscono ma vedono che ha un certo interesse a stare con loro. Sono ben contenti di proseguire insieme anche perché, almeno lui, sembra più sereno.
Egli chiede: perché siete così tristi? Sembra all’oscuro dei fatti. Che sia la persona giusta che può dare un parere spassionato?
Essi raccontano di aver ascoltato un uomo, chiamato Gesù, di aver nutrito molta stima di lui, di averlo anche seguito e creduto in lui senza tuttavia compromettersi troppo. Ma la sua morte li aveva delusi! Tremendamente delusi! E vero che aveva assicurato che sarebbe tornato in vita. Ma chissà se sono vere le voci che lo danno per vivo! Peccato!
Quel “giovane” ascolta, entra nel problema ma non ha il medesimo pensiero e non tira la stessa conclusione. Anzi! Sembra così sicuro che, mentre parla, ti mette in cuore la certezza che non solo quel Gesù non è morto, ma che è vivo per davvero! Essi lo trovano così pieno di speranza e colmo di certezza da lasciare sbigottiti. È addirittura capace di rimproverarli per aver solo pensato quelle cose.
Anzi apre loro lo squarcio positivo di una vita che, consumata e crocifissa, produce pace e gloria.
Quel “giovane” spiega il valore del dono di sé, di un amore a tutta prova che non può morire. Essi sono tristi forse perché non hanno ancora creduto e sperimentato cosa c’è oltre la croce! Lo sentono esperto nelle questioni vitali.
Il tragitto è finito. Ognuno può tornare a casa sua. Le strade si diversificano.
Ma l’amicizia ormai è nata. Perché troncarla? Perché non continuare il discorso in casa? E con tono spontaneo gli chiedono di rimanere considerando che, oltretutto, siamo al tramonto del sole.
Egli, con loro grande sorpresa, non accampa motivi personali contrari. Sembra non abbia né casa, né parenti, né altro.
In casa inizia un’insolita “cena”. Egli, prende un pane, lo benedice, lo spezza e lo dà a loro. Allora e solo allora riconoscono nel giovane, quel Gesù che avevano ascoltato.
Essi provano a trattenerlo ma in un attimo Egli scompare dalla loro vista.
È ormai sufficiente quel Pane per non essere più tristi e per credere che quel viandante ogni giorno, sotto varie forme, si può affiancare loro e ridare senso e speranza nella vita a motivo della comunione fraterna che quello stesso Pane produce. Non c’è più bisogno di dirgli di restare perché ormai è Lui stesso che chiede di rimanere in Lui come Egli rimane in loro e tra loro.
E così i due, preso e mangiato quel Pane, tornarono di corsa al punto da dove erano partiti per un viaggio triste e raccontano ad altri la loro esperienza.
È proprio vero quello che il viandante, ormai scoperto, aveva un giorno detto: “Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia” (Gv 16,20)
È l’evidenza di un viaggio insolito.
Una tragica avventura ma a lieto fine!
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