27.06.2021 – 13^ Tempo Ordinario: Due miracoli incastonati
, Con 0 Commenti, Categoria: Liturgia, Omelie,C’è una donna malata da 12 anni, colpita nel suo essere donna, nella sua femminilità; ha infatti continue perdite di sangue. E per questo non ha possibilità di sposarsi e di essere madre; e nemmeno di relazionarsi con gli altri e con Dio perché impura. Ella porta questa croce che non può dire a nessuno. “Aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando”; oltre la povertà fisica viene rimarcata anche quella economica.
Sente parlare di Gesù; e dall’ascolto nasce la sua fede come reciproca conoscenza: “Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre (cfr Gv 10, 14-15).
Da dietro tocca il suo mantello. Ella si gioca il tutto per tutto, pur sapendo che, secondo la Legge, durante le mestruazioni una donna è ritualmente impura e rende impuro ciò che tocca. Compie per così dire un furto e si dilegua! È un tocco che sfiora e dice che si può entrare anche nell’intimo di una persona per poi uscirne senza lasciare traccia di sé, e poter vivere una nuova libertà. “E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male”. L’incontro con Gesù chiude la cicatrice. Ma da qui in poi la donna è chiamata a venire allo scoperto, non perché Gesù la volesse rimproverare ma per condurre la donna da una relazione fortuita ad una stabile.
Qui si svela quanto l’agire di Dio passi attraverso la fede dell’uomo; è la fede che spiana la strada a Dio che può compiere cose grandi e nuove. Qui è anche chiaro che la fede non è un semplice stare con Gesù come in questo caso i discepoli, ma essere in relazione con Lui come la donna malata. Si tratta di una sintonia che nasce dalla semplicità con cui lo si accoglie e si entra nel suo modo di essere e di pensare.
“La donna, impaurita e tremante, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità”, la sua realtà di miseria che non merita certo qualcosa; vive in uno stato di segregazione sociale e religiosa; la malattia non fa che aggravare situazione, rendendola permanente: di qui il timore con cui ella confessa a Gesù la verità.
E Gesù le disse: “Figlia, la tua fede ti ha salvata”. È l’inizio di una relazione. Essa ha trovato la paternità di Dio.
C’è poi la vita di un bambina di 12 anni per la quale il padre aveva chiesto la guarigione e si sta dirigendo verso casa insieme a Gesù. Ma arriva la notizia della morte e gli vien detto: “Perché disturbi ancora il Maestro?”. Tutti hanno perso la speranza ma la comunità cristiana ne rimane pur sempre la promotrice. “Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!”. All’atto di una mancanza, si è chiamati a gettare il seme della Parola.
“Egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte”. È l’organizzazione della morte. “Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme … e si reca dov’è la bambina.
Ora che son fuori i piagnoni della morte, adesso che intorno a questo piccolo cadavere c’è una comunità di fede, entra in funzione Gesù. Gesù prese per mano la bambina. E anche un cadavere toccato rende impuri. Ma qui è bello vedervi un gesto nuziale. Prendere la mano, chiedere la mano. È un invito ad uscire, uscire dalla terra di morte. È una chiamata d’amore.
La fanciulla si mise a camminare, perché il discepolo va dietro al maestro. Così si sovverte l’ordine delle cose. Il dargli da mangiare deve risolvere la sua debolezza fisica ma indica anche un cammino spirituale di iniziazione cristiana verso l’Eucaristia.
E allora anche oggi, può sgorgare e irradiare vita quando tocco e accolgo la sua Parola, e la lascio vivere in me; quando mi nutro del Pane di vita disceso dal cielo per me; quando lascio che l’altro sia per davvero parte di me.
Perché allora non chiedere a Gesù: fammi strumento nelle tue mani così che possa vivere e far vivere una vita nuova dall’orizzonte infinito?