27.10.2019 – 30^ Tempo Ordinario: O Dio, abbi pietà di me peccatore (Lc 18,13)
, Con 0 Commenti, Categoria: Commento al Vangelo, Liturgia,Dio non si compra con semplici azioni cultuali o con le belle facciate. Gli è gradito chi non vanta pretese davanti a lui (1a lettura). Il fariseo capace solo di innalzare se stesso e disprezzare gli altri, non può che sperimentare la condanna (vangelo). Paolo, ormai al termine della sua vita, nel tentativo di farne un bilancio, la vede tutta in riferimento all’azione divina (2a lettura).
La parabola evangelica odierna non solo propone un modo di pregare, ma soprattutto un modo di essere davanti a Dio.
Il fariseo è il modello dell’uomo religioso: sa andare, anche con sacrificio personale, oltre le prescrizioni della legge. È sicuro davanti a Dio, ostenta i propri meriti, è sicuro della propria salvezza, perché appartenente al popolo eletto e buon osservante della legge. Non si mette in discussione, né si condanna la sua giustizia, ma la pretesa di autogiustificazione davanti a Dio, la superbia, il disprezzo per gli altri. La sua è una preghiera che suona solo lode personale.
Gesù, preferendo il pubblicano, sconvolge ogni misura di valutazione. Egli presenta un Dio che salva chi è senza sicurezze, chi davanti a Lui va a mani vuote e attende solo da Lui la salvezza.
L’umiltà è necessaria nel rapporto con Dio. Essa infatti situa l’uomo nella verità della sua relazione con Dio, facendolo vivere del dono divino. Tutto ciò che l’uomo è ed ha è dono di Dio. L’umiltà è la perseverante memoria del dono di Dio. In quanto memoria costante, l’umiltà è grata, “eucaristica” e guida a vivere l’esistenza quotidiana sotto l’insegna del dono proveniente da Dio e ti ricorda che tu stesso sei chiamato a diventare dono per gli altri.
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