31.01.2021 – 4^ del Tempo Ordinario: Dobbiamo costruire nuovi ponti di dialogo

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Negli ultimi mesi si sono moltiplicati gli episodi di violenza e le risse che coinvolgono giovani (e giovanissimi) in molte città italiane.
Un fenomeno che la pandemia e il lockdown possono spiegare (in parte), ma che è anche dovuto alla mancanza di modelli e punti di riferimento.
Ne è convinto Tonino Cantelmi, presidente dell’Associazione italiana psicologi e psichiatri cattolici (Aippc), che ad Avvenire consegna alcune riflessioni per aiutare a inquadrare questa complessa realtà.
Dottore, secondo lei da dove viene questa violenza? Parliamo di scontri organizzati, non di risse estemporanee. Gli scontri coinvolgono anche centinaia di ragazzi. Perché accade questo?
Innanzitutto osserviamo una precocizzazione dei comportamenti violenti.
I protagonisti di queste maxi risse sono tutti ragazzini. Stiamo assistendo all’amplificazione dei comportamenti di ‘discontrollo’ degli impulsi, tipico degli adolescenti, anche grazie ai social.
C’è una relazione con la pandemia, il Covid, il lockdown? La chiusura delle scuole ha avuto un ruolo in tutto questo?
Sì purtroppo c’è una relazione fra gli eventi correlati alla pandemia e questi comportamenti. Il cervello degli adolescenti vede una prevalente attività del cervello limbico. Quando c’è una situazione minacciosa si attiva il sistema limbico che disattiva la corteccia cerebrale: siamo meno riflessivi!
Questo meccanismo neuro biologico è esaltato negli adolescenti proprio perché il loro cervello è più immaturo e reagisce agli stimoli attivando maggiormente il sistema.
Tonino Cantelmi, psichiatra.

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