31 Marzo – Al volo … E SE QUESTA QUARESIMA FOSSE UNA DOMANDA CHE CI VIENE POSTA?
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I più fedeli di quei credenti in sofferenza (per le Chiese vuote, privazione dell’eucaristia… ) sono abituati a seguire i digiuni e gli esercizi e le Via Crucis della Quaresima, percorrendo una strada conosciuta e in fondo cara.
E se la vera Quaresima che ci viene chiesta fosse proprio l’abbandono della via consueta, e il lasciarci condurre per sentieri sconosciuti, faticosi, per alcuni drammatici; dentro città irriconoscibili, fra familiari e amici sgomenti? Non sa forse un poco di Quaresima restare in coda per ore davanti a un supermercato, per gente abituata a entrare da padrona in enormi centri commerciali dove la merce sovrabbondante ci viene quasi buttata addosso? Non sono una mai vista Quaresima le nostre strade assurdamente mute, senza un caffè dove si giochi a carte o si beva un bianchino, e i cortili delle scuole desolati e vuoti, all’ora della ricreazione?
Il tempo di meditazione e povertà che prepara alla Pasqua nei giorni di malattia, isolamento e paura del coronavirus sembra materialmente incarnato: oltre le pure buone abitudini, oltre ciò cui siamo abituati. Pare che tutt’altro ci venga chiesto, quest’anno, da un Dio che alcuni dicono di sentire ‘lontano’: e invece forse è estremamente vicino. La cappa del virus che si allarga non è un segno, un invito forte e brusco a fermarci? A guardare la faccia del vecchio della porta accanto magari per la prima volta, a dargli una mano? Gli infermieri dei reparti di rianimazione ripetono in tv che non potranno scordare gli occhi di malati strappati in un giorno alla loro vita consueta, non potranno scordare la domanda muta di quegli occhi. Non è profonda Quaresima, forse, lasciarsi interrogare da quegli sguardi, e ricordarci del desiderio che abita nel fondo degli uomini?». Poche mesi fa i siti web dei quotidiani italiani aprivano il notiziario con Morgan che, a Sanremo, litigava con un il collega Bugo. Intanto i social erano un fiume in piena di haters, di ‘odiatori’, quelli che insultano tutti, forti dell’anonimato.
L’Italia era nelle condizioni economiche che ben conosciamo, con la consueta disoccupazione giovanile alle stelle, e sulle rive orientali e meridionali del Mediterraneo proseguiva il normale massacro di migranti, mentre sui muri degli ignoti scrivevano ‘sporchi ebrei’ o ‘sporchi negri’. Tuttavia l’Italia sembrava ipnotizzata da quei due, a Sanremo, che litigavano – se poi era vero.
Quanto è lontana da allora l’Italia di oggi, con medici e infermieri stremati in corsia, e vecchi che soffrono (e muoiono) da soli, implorando chi passa loro vicino di mandare un messaggio col cellulare ai figli.
Quanto è lontana l’ansia di chi trema per una persona cara, nel rimpianto magari di non esserle stata, prima, abbastanza vicina.
E anche per la stragrande maggioranza di noi, costretta in casa, smarrita, preoccupata per il futuro, non cambia la concezione del tempo, la riflessione sul tempo e il suo senso? Non scoprono forse, tanti adolescenti, che felicità non è scuole chiuse e chattare sul divano, e che manca invece l’amico e perfino il professore: che manca l’altro, in funzione del quale, e non per noi soli, viviamo?
«Ci organizziamo il domani nei nostri pensieri ma poi tutto va in modo diverso, molto diverso», scriveva a 26 anni Etty Hillesum, ebrea olandese dal campo nazista di Westerbork. Anche noi, speriamo meno tragicamente, ci troviamo di fronte agli inimmaginati sentieri di una dolorosa Quaresima. Vorremmo ritrovare quelli, ben noti, di sempre. Eppure, se questo fosse un’occasione? Non certo castigo, come gridano alcuni, ma domanda forte. Di verità su ciò che siamo, e di amore fra noi.
(dall’editoriale di Avvenire 15.03.2020 a firma di Marina Corradi)
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Pensiero del giorno
Dal Vangelo secondo Giovanni 8,21-30
INNALZATO IL FIGLIO DELL’UOMO, CONOSCERETE CHE PARLO COME IL PADRE MI HA INSEGNATO.
È il Padre che educa il Figlio! Il tutto accade in Dio. E il frutto lo si vede in croce, quando il Figlio vive il dolore per Amore, sa morire per il bene degli altri, quando non pensa minimamente a sé. E accade la salvezza dell’uomo!
È lì che si scopre l’Amore del Padre attraverso l’Amore del Figlio. È l’evidenza della Misericordia!
È guardando quel Crocifisso che si comprende come vivere, come camminare, che cosa fare. Ma più: quando noi stessi siamo crocifissi per Amore, siamo nel buio e continuiamo a sorridere parlando di luce, sperimentiamo la morsa del dubbio e continuiamo a sorridere parlando di certezza e di speranza, ci sentiamo come condannati e continuiamo a sorridere parlando di liberazione e salvezza, siamo immersi nell’ assurdo e sorridiamo vivendo di Amore, come ha testimoniato anche S. Teresa di Calcutta…Ricordiamo che questa è la commedia divina, è vivere Gesù crocifisso e abbandonato, cioè Dio che è Amore!
(adattamento di un brano di Chiara Lubich)
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