Siamo all’inizio della vita pubblica di Gesù. Sono i giorni in cui a Gerusalemme ci si prepara per la festa di Pasqua. L’afflusso di pellegrini, provenienti da ogni parte, enorme (la città triplicava i suoi abitanti!).
Giuseppe Flavio, storico, dice che venivano immolati fra i 18 e i 20.000 agnelli, che naturalmente aumentavano di prezzo in tale occasione. Poi c’erano le offerte nel tempio, nell’ atrio delle donne, munito di 13 casse, e i guadagni dei cambiavalute perché, chi voleva fare queste offerte, non poteva introdurre nel tempio le monete che avevano l’effigie di Tiberio e di sua madre Livia.
Quale il significato intendeva dare Giovanni? In questo gesto è presente il programma di tutta la missione che Gesù svolgerà e mostrerà che un certo rapporto con Dio è giunto alla fine.
Ma seguiamo le fasi dell’evento.
Di fronte al gesto furioso di Gesù che spazza via ciò che egli definisce un mercato, c’è la naturale reazione dei giudei che gli dicono: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?»
Per comprendere la risposta di Gesù, dobbiamo prima porci una domanda: Dove Dio si fa incontro? Il giudaismo risponde: Dio sta nel tempio, vi abita, si è fermato e stabilizzato tra noi. Mentre Israele dice: con la sua Parola Dio si fa incontro.
Qui Gesù dice con forza: “Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere”. Con la nota esplicativa dell’evangelista: “Ma egli parlava del tempio del suo corpo”.
Ciò significa che è in Lui che noi vediamo adesso il volto di Dio, che incontriamo il Padre del cielo. Allora non sale più il profumo degli incensi che a Dio non interessa, ma l’esercizio di quell’ amore assolutamente gratuito che giunge fino ad amare, a dare la vita per chi ti fa del male, per il nemico.
Quindi Gesù è venuto ad instaurare una relazione nuova con il Padre del cielo. Egli non parlerà di sacrifici da offrire a Dio, dirà esplicitamente: “voglio opere di amore io, non sacrifici”.
Il messaggio dunque è chiaro: non servono i sacrifici che mirano a tener buono Dio ma è l’Amore vissuto che gli dà gloria e gioia e lo fa essere presente e operante nel mondo.
E qui ci vuole tempo per poterlo comprendere ed interiorizzare così da farlo diventare sistema di vita. Non basta l’entusiasmo che si intravede in quelle persone che a prima vista rimangono colpite e vorrebbero subito buttarsi, con il rischio di rimanere poi deluse. È necessario prendere coscienza che cosa significa appartenere al nuovo tempio che è la persona stessa di Gesù.
Sarà più chiaro alla morte di Gesù quando il velo del tempio si squarcia. Dio, in Gesù, si fa incontro, abbraccia tutti, spalanca il cuore (Gv 19, 34). Ognuno può, con il dono dello Spirito, conoscere Dio. Lui è disceso. In Gesù si è fatto incontro, la comunità è il luogo dove l’appuntamento si verifica.
È un “tempio nuovo” in cui è possibile:
1. ADORARE: riconoscere cioè Colui che salva, rende liberi dal potere di questo mondo, morte compresa, e apre prospettive di vita eterna.
2. LODARE: nutrire cioè pensieri positivi che sollevano e fanno respirare l’aria buona della speranza, e si vive in una pace e in una gioia che soddisfano appieno; si direbbe che l’anima canta e trova riposo.
3. RINGRAZIARE: riconoscere cioè l’Amore che avvolge e rende armonico ogni gesto; e poter dire: grazie, Gesù, che sei venuto per me; grazie del tuo aprirti così che io possa entrare nella tua vita lasciando vivere in me tua Parola e il tuo Pane.
4. DOMANDARE: parlare cioè di tutto ciò che serve ad una vita fatta di Amore che fa essere ognuno se stesso, e tutti insieme la casa della sua presenza, il suo Corpo completo.