La tentazione come lotta, come combattimento, fa parte dell’esperienza umana e cristiana.
Per questo Gesù all’inizio della vita pubblica, e non solo, l’ha sperimentata. Potremmo domandarci: perché ha fatto questa esperienza se, in fondo, alla tentazione non poteva soccombere? Penso che il motivo sia semplice: Gesù si è posto in tutto come misura e modello della vita del cristiano. E questo esprime anche la prima verità che vuole sempre ricordarci la Quaresima: la fede è, necessariamente, provata. Direi anzi: se non è tentata, non è fede. Così ci dice con chiarezza la Parola di Dio.
Qualcuno potrebbe domandarsi: perché la fede è un’esperienza tentata? Risponderei così: a causa del nostro limite. Difficilmente scopriremmo il nostro limite, il nostro peccato, la nostra fragilità se non ci sentissimo messi a prova. È la prova che ti fa scoprire il tuo limite, la tua povertà, la tua insufficienza, il tuo bisogno degli altri e, soprattutto, il tuo bisogno di Dio. «Perché tu eri accetto a Dio fu necessario che la tentazione ti mettesse a prova», ci dice la Parola del Signore. Dio sa calcolare bene, perciò ha fatto il conto con le nostre tentazioni e non ci mette alla prova più della forza che abbiamo.
Cari amici, senza questa prospettiva di fede provata, tutti rischieremmo di non saper distinguere fra la luce e le tenebre, il vero e il falso, il bene e il male, e quindi non maturerebbe mai in noi un vero processo di libertà. Purtroppo viviamo in una società in cui predomina il neo-illuminismo, cioè la pretesa di risolvere tutti i problemi con la ragione e ciò che la ragione può, quindi con la scienza e con la tecnica; e chi non si adegua a tale pensiero è considerato un arretrato, un incolto, se non addirittura un irresponsabile.
Possiamo davvero vincere tutto? Il Vangelo, che, oltre a esser vero, è un messaggio di saggezza, ci ammonisce chiaramente: chi si regge in piedi stia attento a non cadere. La fede, trattando qualcosa che va ben oltre la nostra ragione – il Mistero – ci spinge sempre oltre. «Duc in altum!»: vai al largo, supera il limite del tuo modo di vedere e di pensare, ci dice Gesù. La fede non è un’evidenza, non è un’emozione e nemmeno un sentimento. Purtroppo, quanta confusione alberga anche nella mente e nel cuore di tante persone buone che vanno in chiesa! La fede è “oscura” perché ci trascende, ma è la cosa più grande e meravigliosa perché è il “mistero”, indica che la nostra vita va ben oltre le nostre aspirazioni ed esigenze umane. E in questo senso siamo tutti sotto lo stesso tetto: vescovi, sacerdoti, consacrati, famiglie, parrocchie.
Sarebbe ingenuo e illusorio pensare di poter andare avanti nella vita senza prove, senza incappare in qualche ostacolo che ci si contrappone o in qualcuno che cerca di ferirci; come è puerile credere che una coppia, una famiglia, possa compiere il proprio itinerario umano e cristiano senza sentire mai la tentazione di mollare il cammino. E questo vale anche per i sacerdoti e i consacrati, le monache e i monaci.
Questa realtà la incontriamo nella vita di tutti i giorni perché riflettiamo la condizione reale dell’uomo viatore e del cristiano che vuol camminare secondo la volontà di Dio.
Anche per la Chiesa, nel suo cammino fra gli uomini, ciò che deve preoccupare di più non è il tempo della prova, ma è quando sembrano non esserci contrasti o opposizioni nei confronti dei discepoli di Cristo. In tal caso, o si è mondanizzati o stiamo per mondanizzarci, perché Gesù ha detto: «Il discepolo non è di più del maestro; hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi».
Lo ripeto, vedo serpeggiare fra noi una mentalità di acquiescenza, che non riflette l’essenza del vivere cristiano, che è sempre un cammino fra le prove. Da altre parti, la Chiesa soffre attacchi e persecuzioni, e non ci sono mai stati tanti martiri come al momento presente.
La prova, la tentazione, è la garanzia che Dio c’è, ci tiene per mano e ci porta sempre su ali d’aquila.
Lettera del Card. Bassetti sulla quaresima – prima parte