04.07.2021 – 14^ Tempo Ordinario: Il profeta disprezzato

04.07.2021 – 14^ Tempo Ordinario: Il profeta disprezzato

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Gesù torna a Nazaret insieme ai discepoli che stanno formando la sua nuova famiglia, composta da coloro che hanno risposto alla sua chiamata: hanno lasciato le reti, il padre sulla barca con i garzoni (Mc 1,16-20), il banco delle imposte (Mc 2,13) e lo hanno seguito lungo la via da lui intrapresa.

Viene il sabato (lett: «venuto il giorno del precetto») … Gesù allora deve essere ar­rivato in antecedenza ma non si segnala nessuna reazione da parte della gente della sua patria a differenza di altri luoghi dove Gesù ha sempre su­scitato l’accorrere di gran­di folle. E la mancata acco­glienza nella sua terra, è indice per lo no di pregiu­dizio. I compaesani si accorgo­no che l’insegnamento di Gesù è molto diverso da quello che si impara nelle scuole rabbiniche che Gesù non ha fre­quentato e che essi cono­scono attraverso la predi­cazione degli scribi.

Essi sono stupiti di Lui, ma subito dopo rimangono “scandalizzati” (v. 3). Sono due reazioni che appaiono contradditorie? Scandalizzare non significa provocare un banale dissenso, ma essere in totale disaccordo. I compaesani, sconvolti dalle sue parole, le ritengono un grave intralcio per la loro fede. La novità rende sospetta la sua origine! E così le opere straordinarie che egli compie, come sono da qualificare? Chi agisce attraverso le sue mani? Chiaramente Gesù sta perdendo prestigio e nasce l’insinuazione che la sua dottrina e le sue ope­re siano opere di satana.

Stranamente poi Gesù viene identificato in base alla re­lazione con la madre e non con il padre. Può essere degno di portare il nome di suo padre uno che non imita il suo esempio né la sua condotta, non si attiene alla tradizio­ne della sua famiglia?

La reazione di Gesù non è di collera, ma di sorpre­sa di fronte al rifiuto. E la prima volta che gente comune manifesta incre­dulità. Non sono i capi religiosi ma i contadini del suo paese che non lo capiscono e lo rifiutano. Questa incredulità rende Gesù incapace di realizzare quei prodigi che la sua parola e il contatto con la sua persona producono ovunque.

Cosa può significare per noi?

Gesù si meraviglia di quanto tempo si perde a perseguire i propri progetti basandosi sulle proprie sicurezze, e ci si priva del dono che arriva attraverso la buona notizia del Vangelo.

Ed è vero, e lo sarà per sempre, che i pensieri di Dio non sono i nostri pensieri, che le sue vie non sono le nostre vie e che la sua Parola non tornerà senza effetto, senza aver operato ciò che Egli desidera e compiuto ciò per cui Egli l’ha mandata (cfr Is 55,8-11).

Se ciascuno riuscisse a lasciare il suo modo di pensare e di vedere per assumere quello del Vangelo, come cambierebbe il mondo! Non si registrerebbe solo qualche malato non grave guarito o un po’ di elemosina in più e qualche parola offensiva in meno. Quanto coraggio si ha nell’accordare piena fiducia a Gesù e alla sua parola?

Ma credere al Vangelo è anche prendere coscienza della propria fragilità e debolezza di creatura, di un fallimento che se ci mette in ombra, è perché risplenda ciò che Dio compie in noi e intorno a noi. Del resto meno “io” circola e più “Dio” può agire, anche attraverso di noi.

E va imitato Gesù che, dopo l’insuccesso nella sua patria, continua a seminare la Parola che darà frutti sicuri a suo tempo.

Domande per la propria vita

Abbiamo coraggio nel portare una testimonianza cristiana autentica nelle no­stre case, tra gli amici e tra quelli con i quali condividiamo il quotidiano, nonostante le difficoltà e lo scetticismo?
Fa paura anche a me accettare che il vol­to di Dio si manifesti nel volto del semplice e del povero, dell’«umile falegname»? Perché?
Quante volte anch’io sono portato a desi­derare un Dio potente che rimedia, con i suoi miracoli, alle mie impotenze… Capisco che, se fosse così, Dio annienterebbe la mia libertà e la mia responsabilità?

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