03.10.2021 – 27 T.O.: Accogliere il regno di dio come un bambino!

03.10.2021 – 27 T.O.: Accogliere il regno di dio come un bambino!

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Nel libro del Deuteronomio si legge: “Se un uomo prende una donna e la sposa e questa non trova più favore ai suoi occhi perché egli ha trovato in lei qualcosa di sconveniente, le scriva un libello di ripudio, glielo consegni in mano e la mandi via dalla casa” (Dt 24,1).

Allora Gesù cerca di chiarire il significato del testo biblico. Non è stato Mosè – spiega – a introdurre il divorzio. Questa istituzione esisteva molto prima di lui; egli l’ha solo regolata con una norma che proteggeva la donna: il marito le doveva consegnare il documento di ripudio che la dichiarava libera e poteva risposare senza incorrere in alcuna condanna. Gesù riconosce il valore della norma stabilita nel Deuteronomio e la ritiene vincolante. Se qualcuno vuole divorziare – asserisce – che almeno rispetti i diritti della donna!

La tolleranza manifestata da Mosè, però, non è l’espressione ideale del progetto originario di Dio. Gesù invita ad andare al di là della norma e a considerare la relazione tra uomo e donna alla luce del progetto di Dio, rivelato fin dai primi capitoli della Genesi: “All’inizio della creazione Dio li creò maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e i due saranno una carne sola. Sicché non sono più due, ma una sola carne. L’uomo dunque non separi ciò che Dio ha congiunto” (vv. 6-9).

Gesù prende una posizione affermando che nessun divorzio rientra nel progetto di Dio. Con Lui è giunto il momento di puntare all’ideale indicato “in principio” dal Creatore.

Di fronte alla posizione dura e intransigente del Maestro, non solo i farisei, ma anche i discepoli rimangono perplessi, quasi sgomenti e, rientrati a casa, lo interrogano di nuovo sull’argomento. Ma Gesù non fa che riaffermare tutto e stabilisce – fenomeno allora inaudito – la perfetta parità di diritti e doveri dell’uomo e della donna.

Alla fine poi Gesù riprende l’immagine dei bambini e invita i discepoli ad accogliere il regno di Dio come loro. Quel Regno che è là dove si vive come Dio pensa e lo si compie. In particolare là dove si ama e ci si ama, esattamente come fa Dio. E lo si coglie quando si scopre che Dio ci ama immensamente e ci tiene nel cuore. È un amore che ci fa essere dono l’uno per l’altro, e questo fino al per-dono che è dono moltiplicato; un amore dunque che non si stanca mai di allacciare e riallacciare i rapporti lacerati o anche rotti.

Dio vive tra gli uomini che si amano e da una relazione particolare di un uomo e una donna è destinata a sbocciare la vita di tante creature. È questo il più bel pensiero che Dio abbia avuto, quello di far incontrare un uomo e una donna perché stessero insieme.

È un ideale, come ci dice Gesù, tanto grande. È meta altissima, ma i passi degli uomini sono spesso incerti. E può anche fallire.

Ma cosa fallisce? Il proprio pensiero ma non quello di Dio. E mentre Lui ci rincorre con il suo Amore là dove siamo, per fare del fallimento l’occasione per vedere chi siamo e come porci davanti a Lui, noi siamo chiamati a mettere in atto il “super-amore” capace di abbracciare tutto il dolore di una frattura perché in noi si ricomponga e produca perdono, misericordia e non-giudizio.

Solo Lui infatti conosce le fragilità di ognuno, nessuno può ergersi a giudice dei propri fratelli e sorelle, nessuno ha il diritto di valutarne le colpe e pronunciare condanne.  Alle situazioni concrete ci si deve sempre accostare con prudenza e ogni fratello e sorella vanno capiti, accompagnato, aiutato in modo che possano dare il meglio di sé.

Per questo è necessario tornare bambini e fidarsi del pensiero del Padre, che può essere colto nella sua purezza solo dalla mente limpida di un bambino che vede sempre papà e mamma nella verità.

Una cosa possiamo chiedere oggi, che Dio ammorbidisca la durezza del cuore in modo tale che l’Amore ci faccia abbracciare chiunque al di là della riuscita o del fallimento; e ci dia la consapevolezza del suo modo di pensare che, se appare alto e quasi impossibile, è pur tuttavia fonte di vera felicita e beatitudine.

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