07.08.2022 – 19^ del Tempo Ordinario: LA CULTURA DEL REGNO È QUELLA DEL DARE – Lc 12,32-40
, Con 0 Commenti, Categoria: Liturgia, Omelie,Il brano inizia con l’esortazione: “Non temere piccolo gregge perché al Padre vostro è piaciuto darvi il regno”.
I discepoli hanno paura: sanno di essere pochi e deboli di fronte ad un mondo ostile. Si spaventano perché il male è forte, trionfa ovunque, sembra incontenibile e si sentono fragili e incapaci di opporvi resistenza fino a pensare che ogni sforzo sia vano!
Il regno di Dio – assicura Gesù – verrà perché non è opera d’uomo, è dono di Dio. E tale dono rende possibile vivere in terra come in cielo, è Gesù che vive da uomo come vive Dio. È principio di vita e non di morte che ne esce sconfitta.
E subito arriva l’altra indicazione: Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina.
Il regno si manifesta nel dono di sé senza interesse alcuno che sconvolge per la sua semplicità e purezza. Ogni atto d’amore così, è in grado di generare e rigenerare vita ovunque è compiuto. È Gesù che vive ancora. Poi si manifesta nella vigilanza, nell’essere attenti che non s’infiltrino altre idee e altri modi che non siano servizio d’amore. E quindi, se è il Padre a farne dono, è vita fraterna in atto, è non dirsi ma essere in concreto fratelli e sorelle. Per questo ciò che si è, come la propria vita, e ciò che si ha, come la ricchezza materiale o spirituale, deve servire per amare.
E due sono le immagini che descrivono in modo efficace il discepolo vigilante: egli ha la cintura ai fianchi e mantiene la lucerna accesa. Non spegne la luce, non mette sulla porta di casa il cartello “non disturbare, sto dormendo”. Chiunque ha bisogno di lui deve sapere che egli è a completa disposizione. Ha le vesti sempre rimboccate.
In Oriente gli uomini usavano lunghe vesti, in casa le lasciavano sciolte, ma quando si mettevano al lavoro o partivano per un viaggio si cingevano i fianchi e le sollevavano per essere più liberi nei movimenti. Il discepolo è dunque sempre in servizio.
Mentre S. Ignazio di Loyola, parlando del dono della ricchezza spirituale, dice di guardarsi da una falsa umiltà: “Vedendo (il diavolo) il servo di Dio tanto buono e umile che, pur compiendo la volontà di Dio, pensa di essere del tutto inutile e considera le sue debolezze e non la sua gloria, gli fa pensare che, se parla, di qualche grazia (come sarebbe la luce che viene dal vivere la Parola di Dio) concessagli da Dio, grazia di opere, propositi e desideri, pecca con (una) specie di vanagloria perché parla a suo onore. E procura quindi che non parli dei benefici ricevuti dal suo Signore, impedendo così di produrre frutto in altri e in se stesso, dato che il ricordo dei benefici ricevuti aiuta sempre a cose più grandi”.
ALCUNI SUGGERIMENTI PRATICI
- Incentivare la cultura del dare.
L’affetto che è nel cuore, la cordialità che si rende manifesta, la gioia che è possibile diffondere; il tempo da mettere a disposizione, vestiti o notizie da far circolare o, se richiesti o se necessario, libri da poter rendere disponibili, ricchezze interiori da comunicare.
- Vedere il suo regno come una presenza di Dio con il suo Amore e buttarsi ad amare.
Non solo non sprecare ciò che si ha anzi servirsene per fare il bene.
- Essere svegli.
Il vero impegno allora è proprio l’essere vigilanti nell’amore. Non pretendere che tutto vada liscio o che si veda, come riprova, il successo, ma far in modo che non manchi mai l’amore. Come? Vivere ogni momento come se fosse l’ultimo; avere la valigia pronta con dentro gli atti d’amore compiuti; dare a Dio il tempo migliore. E questo là dove uno si trova…