30.06.2024 – 13 ^ Domenica del Tempo Ordinario: CAMPANE E CAMPANELLI NEL CULTO CRISTIANO
, Con 0 Commenti, Categoria: Editoriali, Liturgia,L’uso di strumenti sonori a percussione, con forme diverse, per dare pubblici segnali precede il cristianesimo. È storicamente accertato che tale prassi fosse già presente nelle prime comunità monastiche del VI secolo per convocare i monaci alla preghiera comune.
Con la diffusione del cristianesimo e la nascita delle comunità rurali questo strumento metallico assunse progressivamente una forma e una grandezza adeguata per essere udito anche a una certa distanza.
Il nome campana (in precedenza chiamata semplicemente signum) sembra derivare dal fatto che questo strumento cominciò a essere fuso con maestria nella regione campana e precisamente a Nola, da cui l’antico nome di nolana.
Si ha chiara documentazione che papa Stefano II († 757) fece costruire una torre campanaria con tre grandi campane per la chiesa di S. Pietro in Roma.
A partire da quel modello architettonico, proprio delle torri di guardia, il campanile si diffuse per far giungere il più lontano possibile il suono delle campane.
In un contesto di cristianità generalizzata il campanile, per altezza e arte, divenne anche orgoglioso simbolo dell’intera comunità locale assumendo pure una funzione sociale per segnalare pericoli, eventi importanti e persino le ore del giorno.
Oggi nelle nostre città le campane non hanno più questa ampia funzione civile; il loro suono si perde facilmente fra tanti altri rumori e talvolta esso viene polemicamente persino contestato. Tuttavia, per chi lo vuol sentire, resta sempre il richiamo di una voce che viene dall’alto e che spinge ad alzare lo sguardo.
«Parente stretto» di quelle campane è il campanello che nel corso del XIII secolo si impose per segnalare il momento della consacrazione e dell’ostensione all’assemblea. Infatti i fedeli laici non comprendevano più la lingua latina ed erano pertanto esclusi da una partecipazione pienamente attiva e consapevole alla celebrazione eucaristica, salvo in questo momento per contemplare almeno quei due segni che riassumono il significato di tutta la Messa.
Silvano Sirboni, liturgista
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