“Dio mandò suo Figlio…perché ricevessimo l’adozione a figli” (Gal 4,5).
Dio mandò Gesù perché potessimo diventare suoi figli. E un figlio parla col padre. In casa non esiste legge alcuna, se non quella dell’amore. Ed è questa l’eredità che ci portiamo dietro. In riferimento a questo possiamo dire “grazie!”: per non essere più schiavi ma figli. E cosa può dire un figlio al Padre?
1. Grazie per il suo Amore che, se talora sembra sommerso dall’odio, regge comunque, dovunque e con chiunque.
2. Grazie per l’esperienza di vita tradotta in slogan:
- Tu pensa alle persone che alle strutture di penso io.
- Non giudicare nessuno perché io posso perdonare tutti e tutti; non sono come te.
- La sua misericordia è da sempre ed è continua a prescindere se si è buoni o meno buoni. Essa c’è sempre,
- eventualmente sono io a non crederci! Quindi la scoperta di questa misericordia che mi sta aiutando ad andare dentro di me e vedere se, di fronte all’altro, mi prendo le sue pene, sollevandolo e amandolo concretamente oppure tendo a salvare comunque me stesso lasciando l’altro solo con se stesso.
3. Grazie per Papa Francesco che mostrandosi come copia di Gesù, mi sprona a cambiare nei confronti degli altri.
4. Grazie per i 70 anni che portano con sé, come mi disse il Vescovo, più saggezza.
5. Grazie per i momenti negativi, serrati a sé e diventati poi espressione di amore; quando il cuore si allarga, manifesta la capacità di soffrire: è il dilatarsi che provoca il dolore del cambiamento, dell’inedito, dell’imprevisto.
6. Grazie per l’oratorio con tutti i suoi permessi, dopo il travaglio dei passaggi attraverso gli ingranaggi della normativa e quelli burocratici.
7. Grazie, Padre, per la perseveranza nel bene;
8. Per le anime belle che mi hai fatto vedere;
9. Per aver compreso che nella vita conviene fare la propria parte… magari piccola, senza la pretesa di vedere i frutti e di sentirsi salvatori del mondo.
È il grazie di un figlio che sa quanto il Padre lo ama e che, a sua volta, nel suo limite prova a far passare questo Amore ad altri e verso altri.
È il grazie umile e semplice di chi che è chiamato a servire e quel servire è il suo marchio di riconoscimento e il sigillo della sua vita.
L’essere servo dice la grandezza di Dio e insieme dell’uomo che, collaborando con Lui, diviene anch’egli protagonista nella realizzazione del Regno di Dio.
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