Una sera ero stato invitato ad una cena con tutti i volontari di una associazione che cura persone con handicap molto gravi, soprattutto a livello psichico. È stato davvero commovente conoscere così tante persone (oltre duecento) che si prodigano per assistere una decina di ospiti di questa comunità. Durante la serata ho conosciuto tante persone, alcune anche che non frequentano la chiesa. Specie con loro ho cercato di amare e ascoltare. È stato bello il dialogo con una signora che si definiva “allergica ai preti”. Io ho cercato solo di amarla e ascoltarla, vincendo la mia stanchezza. Qualche giorno dopo l’ho incontrata in un’altra occasione e mi ha detto: “Caro don, mi sa proprio che devo accettare il tuo invito a venire a bere un caffè in canonica. Ho proprio voglia di una bella chiacchierata come l’altra sera”.
Terminata la cena poi ero veramente stanco: non vedevo l’ora di poter andare a riposare. Ma ecco che nel tornare passo davanti al Circolo NOI della parrocchia. Decido di entrare e salutare le signore della tombola. Loro in realtà stanno andando via ma una di loro, piuttosto anziana e malandata, con una battuta mi sorprende: “Don, vero che lei mi accompagna a casa questa sera? Non ho nessuno e da sola ho paura a tornare perché è una strada buia”. Non ci penso neanche due volte e subito gli rispondo di sì. Così vinco la mia stanchezza, la prendo per braccetto e insieme faccio il tratto di strada che arriva a casa sua. Effettivamente non abitava proprio vicino e la strada era proprio brutta.
Torno in parrocchia, ma ecco che la corale giovanile, che si era ritrovata per le prove, sta uscendo dalla sala. Il maestro mi ferma per un saluto. Era tutto contento per il fatto che li avevo salutati cordialmente la domenica precedente. Finalmente arrivo in canonica e vado a letto. Non arrivo neanche a finire di dire un’Ave Maria che già mi addormento. Il giorno successivo mi sveglio contento come una Pasqua. Sì, amare senza stancarsi, ne è valsa la pena! (Stefano M.)
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