“«Signore, allontanati da me perché sono un peccatore… non temere d’ora in poi sarai pescatore di uomini” (Lc 5, 8.10).
Pietro aveva ubbidito, aveva fatto come Gesù chiedeva: perché allora dichiararsi peccatore? Di che cosa?
Certamente egli manifesta una certa confusione ed in questo stato si presenta a Gesù.
Di fronte a Lui “vede” il divario tra la sua esperienza di pescatore e quella offerta da Gesù per altro umanamente fuori luogo e fuori tempo.
“Vede” cioè la differenza tra l’umano e il divino, tra il materiale e lo spirituale; e pensa che il suo limite e anche la sua competenza professionale possano non solo non servire ma anche essere di ostacolo all’accoglienza della sua Parola.
È come dire:
Stai lontano da me, Gesù, che sono un peccatore… perché ho agito per me, ho vissuto per il lavoro mio, per prendere i pesci miei, sono del resto un bravo pescatore; ma ora ho visto cosa significa agire per te, vivere per la Parola tua, per fare una pesca tua straordinaria, unica e abbondante: chi pensa di pescare fuori tempo e mettere in barca così tanti pesci da farla affondare? Mi rendo conto di essere egoista e non degno di starti vicino.
È qui che Gesù può rispondere:
Vieni, Pietro, io sono accanto a chi si riconosce peccatore e tu lo sei ma il futuro tuo è per me con te, la tua fragilità come il tuo peccato non sono ostacoli ma pedane di lancio vero l’Amore vero che sa perdere se stesso per dare vita.
Gesù prende quel limite, quell’impotenza dichiarata e su di essa getta le fondamenta della sua Chiesa.
Anche l’uso del doppio nome, Simone e Pietro, è significativo; egli è nello stesso tempo il peccatore, colui che è indegno, che è distante da Gesù e insieme è colui che è scelto da Gesù per un ruolo determinante nella Chiesa. Tale ruolo non si fonda sull’umanità di Simone ma esclusivamente sulla grazia di Gesù.
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