22.05.2016 – S.S Trinità: Tre mani, un’impronta!

Pubblicato da Stefano, Con 0 Commenti, Categoria: Liturgia, Omelie,

E Dio disse: facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza. La nostra origine è dunque da Dio che così vive: lo Spirito Santo – dice Gesù – vi dirà tutto ciò che avrà udito. Da chi? Prenderà quel che è mio e ve l’annuncerà e quel che il Padre possiede è mio. Tutto è completamente comune dove ricevere e dare sono un tutt’uno. Vige il principio: ciò che è mio, è tuo e ciò che è tuo, è mio.
E questa vita di comunione e unità si è fatta visibile in Gesù. Chi vede Gesù vede il Padre e vede i fratelli che a Gesù sono uniti. Ed è lo Spirito Santo che fa scoprire in Gesù il Padre e il suo stesso volto di Figlio incarnato nel volto di ogni persona.
In concreto:
Gesù è venuto a portare la Trinità sulla terra, la vita trinitaria che è la vita sociale e non solo la vita spirituale; e quindi bisogna comportarsi alla Trinità nei rapporto tra individui.
Per cui non che devo amare il prossimo per salvarmi. Questa è una pura gratificazione che nessuno psicologo di questo mondo può accettare. Io amo il prossimo perché per realizzarmi come uomo o vivo alla Trinità o non mi realizzo come uomo semplicemente.
Quindi anche il morire per l’altro non è far un atto di martirio ma è un modo per realizzarmi persona. Perché la vita Trinitaria è il tipo di società e Gesù ha portato la sua civiltà sulla terra.
Per questo anche il parlare di povertà non può essere nel senso di: sii povero che poi nel regno di Dio sarai ricco, quando nel cristianesimo la povertà non ha nessun significato se non in funzione della comunione con gli altri.

S. Basilio diceva: “il pane che a voi sopravanza, è il pane dell’affamato; la tunica appesa al vostro armadio, è la tunica di colui che è nudo; le scarpe che voi non portate, sono le scarpe di chi è scalzo; il denaro che tenete nascosto, è il denaro del povero; le opere di carità che voi non compite, sono altrettante ingiustizie che voi commettete”.
Sì, perché un domani che stessimo tutti bene potremmo avere la comunione stando bene tutti quanti. Non è un peccato la ricchezza. È un peccato possedere quando l’altro sta male. La povertà è in funzione della comunione e quindi della vita trinitaria. Per questo fare la comunione dei beni non è un atto di virtù che io faccio per guadagnarmi il paradiso ma devo dire che, se la vivo, io sono cristiano perché in tal modo vivo la trinità. È impossibile vivere la comunione se l’altro ha fame e io sto bene.
La vita cristiana è vita trinitaria: un battezzato che vive per se stesso e non ama gli altri come potrà andare in paradiso quando si taglia fuori dalla comunione? Dio è comunione.
Dio è venuto per noi, per l’uomo, per realizzare l’uomo, per riportarlo alla sua immagine e somiglianza e non come singolo perché Dio è Trinità. E c’è dentro la nostalgia di questa vita da cui tutti siamo usciti. È la nostra sorgente. Il disagio della società di oggi è che non trova questa vita e non sa dove trovarla.
Il gioco d’amore sulla terra
– Ciò che è mio è tuo (accoglienza dentro, ospitalità, far sentire a casa);
– Non più solo io ma noi (comunicazione, ascolto, intercambiabilità);
– Fare la propria parte che non è il tutto (compiere bene la volontà di Dio aiutando gli altri a fare la propria).