“Si ritiene che una persona malata o disabile non possa essere felice, perché incapace di realizzare lo stile di vita imposto dalla cultura del piacere e del divertimento. Nell’epoca in cui una certa cura del corpo è divenuta mito di massa e dunque affare economico, ciò che è imperfetto deve essere oscurato, perché attenta alla felicità e alla serenità dei privilegiati e mette in crisi il modello dominante”.
Così ha detto Papa Francesco alla Messa dei Giubileo ad essi dedicato.
Egli denuncia quella sorta di ‘fastidio’ che il mondo odierno nutre verso malati e disabili: “Meglio tenere queste persone separate, in qualche ‘recinto’ – magari dorato – o nelle ‘riserve’ del pietismo e dell’assistenzialismo, perché non intralcino il ritmo del falso benessere. In alcuni casi, addirittura si sostiene che è meglio sbarazzarsene quanto prima, perché diventano un peso economico insostenibile in un tempo di crisi”.
In realtà, osserva il Papa, “quale illusione vive l’uomo di oggi quando chiude gli occhi davanti alla malattia e alla disabilità!”. L’uomo “non comprende il vero senso della vita, che comporta anche l’accettazione della sofferenza e del limite”. E “il mondo non diventa migliore perché composto soltanto da persone apparentemente ‘perfette’, per non dire ‘truccate’”, ma lo diventa “quando crescono la solidarietà tra gli esseri umani, l’accettazione reciproca e il rispetto”.
Sul Vangelo della vedova di Nain che perde il figlio, si sofferma la riflessione del Papa che ci presenta la “particolare situazione di debolezza” di una donna peccatrice giudicata ed emarginata, che invece Gesù accoglie e difende, perché “attento alla sofferenza e al pianto di quella persona”. “La sua tenerezza è segno dell’amore che Dio riserva per coloro che soffrono e sono esclusi”, sottolinea Francesco. “Non esiste solo la sofferenza fisica; oggi, una delle patologie più frequenti è la tristezza, quella che tocca lo spirito”; una sofferenza che “coinvolge l’animo e lo rende triste perché privo di amore”.
È infatti “quando si fa esperienza della delusione o del tradimento nelle relazioni importanti, allora ci si scopre vulnerabili, deboli e senza difese. La tentazione di rinchiudersi in sé stessi si fa molto forte, e si rischia di perdere l’occasione della vita: amare nonostante tutto, amare nonostante tutto”, ripete il Papa.
“La natura umana, ferita dal peccato, porta inscritta in sé la realtà del limite”, osserva poi. “Conosciamo l’obiezione che, soprattutto in questi tempi, viene mossa davanti a un’esistenza segnata da forti limitazioni fisiche”.
Ovvero atteggiamento di rifiuto o di indifferenza.
“In realtà tutti prima o poi siamo chiamati a confrontarci, talvolta a scontrarci, con le fragilità e le malattie nostre e altrui. E quanti volti diversi assumono queste esperienze così tipicamente e drammaticamente umane! In ogni caso, esse pongono in maniera più acuta e pressante l’interrogativo sul senso dell’esistenza”.
Malattia, sofferenza e morte vanno allora inquadrate in quel “dinamismo pasquale di morte e resurrezione, ricevuto nel Battesimo”, perché esso trovano in Cristo “il loro senso ultimo”. In Gesù che “nella sua passione, ci ha amato sino alla fine sulla croce ha rivelato l’Amore che si dona senza limiti”.
Solo nell’amore si può raggiungere “la felicità che ognuno desidera”, assicura il Pontefice, “non c’è un’altra strada”, è sempre una questione di amore. “La vera sfida – prosegue – è quella di chi ama di più. Quante persone disabili e sofferenti si riaprono alla vita appena scoprono di essere amate! E quanto amore può sgorgare da un cuore anche solo per un sorriso! La terapia del sorriso….”.
(papa Francesco – Giubileo disabilità )
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