02.10.2016 – 27^ Tempo Ordinario: La fede piccola e la voglia di servire
, Con 0 Commenti, Categoria: Liturgia, Omelie,È già sufficiente! Essa è capace di azioni e opere al di là della sua portata.
E questo perché chi ha vera fede non gioca le carte su se stesso ma, anzi, fa della sua fragilità il punto di partenza: quando sono debole – dice Paolo – è allora che sono forte.
Non si può parlare di fede se si vuole o pretende di farcela da soli e magari dicendo di pregare con fede.
È così che ci si ammala di “intimismo” che porta a vivere di Dio per sé, per la propria salvezza. È provare sentimenti elevati per Dio e meno per i fratelli e sorelle. È rinchiudersi a pregare dentro senza arrivare alla porta per uscire verso gli altri specie i lontani, quelli dalle convinzioni diverse, che stanno fuori e che Gesù avvicinava scandalizzando i buoni e i giusti.
La piccola fede non chiede di essere accresciuta perché sa che è sufficiente per parlare con Gesù.
E Gesù si fa uomo e assume tutto ciò all’uomo fa male. È Lui che si prende ciò che ci fa male e noi lo capiremo, almeno un po’, quando faremo altrettanto e ci prenderemo su ciò che all’altro fa male.
È questo il servizio che la fede mette in programma e noi siamo chiamati a compiere.
Un servizio che, visto dalla nostra parte, ci fa dire, in verità, che siamo servi inutili perché abbiamo fatto la nostra parte; ma, visto dalla parte di Dio, è un servizio di una utilità sconvolgente perché è un dargli gloria e, più ancora, fargli come un favore, ripetendo nel mondo con la testimonianza della vita, ciò che Gesù ha fatto: è venuto, ha amato e ha firmato il patto definitivo d’amore con noi morendo in croce.
È vero dono del Padre al mondo e che controfirma donandogli la risurrezione.
Anche noi possiamo dire al fratello e sorella: sono qui per te, ti sono vicino, ti ascolto, accolgo la sofferenza del tuo cuore. Non temere!
È questo il vero servo che vive per la sua fede e soffre, insieme a tutti, per il vangelo, cioè Buona Notizia che Dio ci ama, che Gesù è venuto per noi, a darci la sua vita ed è vicino ogni momento.
La gioia di servire.
Il servizio è inutile? In che senso? Chi serve c’è ma poi scompare. In genere non si vede. Svolge magari la parte più importante ma non compare. È appagato e “pagato” proprio dal servire.
È gioioso della gioia dell’altro.
Si specchia volentieri sulla trasparenza dell’altro e si riposa nella sua pace.
Chi serve non ha altro scopo che far crescere l’altro, farlo essere. Desidera solo il suo bene.
Per questo è libero e può liberamente amare.
Il sacrificio che il servizio comporta è come olio nell’ingranaggio; lubrifica e fa tutto girare bene e più velocemente. Accelera i gesti e dona vero benessere all’altro.
Il servizio è puro dono e non cerca altro.
Se, in famiglia, tutti imparano a servire, non c’è più bisogno di ordini o regolamenti, perché la gara è quella di accorgersi per primi di ciò che manca.
Colui che serve non ha altro che da servire ed è felice solo quando lo fa.
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