12.02.2017 – 6^ del Tempo Ordinario: SPERANZA: ATTESA DI QUALCOSA CHE GIÀ È STATO COMPIUTO!
, Con 0 Commenti, Categoria: Editoriali, Liturgia,Paolo, di fronte ai timori e alle perplessità della comunità, invita a tenere salda sul capo come un elmo, soprattutto nelle prove e nei momenti più difficili della nostra vita, «la speranza della salvezza». È un elmo.
Ecco cos’è la speranza cristiana.
Quando si parla di speranza, possiamo essere portati ad intenderla secondo l’accezione comune del termine, vale a dire in riferimento a qualcosa di bello che desideriamo, ma che può realizzarsi oppure no. Speriamo che succeda, è come un desiderio. Si dice per esempio: «Spero che domani faccia bel tempo!»; ma sappiamo che il giorno dopo può fare invece brutto tempo…
La speranza cristiana non è così. La speranza cristiana è l’attesa di qualcosa che già è stato compiuto; c’è la porta lì, e io spero di arrivare alla porta. Che cosa devo fare? Camminare verso la porta! Sono sicuro che arriverò alla porta.
Così è la speranza cristiana: avere la certezza che io sto in cammino verso qualcosa che è, non che io voglia che sia.
Questa è la speranza cristiana. La speranza cristiana è l’attesa di una cosa che è già stata compiuta e che certamente si realizzerà per ciascuno di noi.
Anche la nostra risurrezione e quella dei cari defunti, quindi, non è una cosa che potrà avvenire oppure no, ma è una realtà certa, in quanto radicata nell’evento della risurrezione di Cristo.
Sperare quindi significa imparare a vivere nell’attesa e trovare la vita. Quando una donna si accorge di essere incinta, ogni giorno impara a vivere nell’attesa di vedere lo sguardo di quel bambino che verrà.
Così anche noi dobbiamo vivere e imparare da queste attese umane e vivere nell’attesa di guardare il Signore, di incontrare il Signore.
Questo non è facile, ma si impara: vivere nell’attesa. Sperare significa e implica un cuore umile, un cuore povero. Solo un povero sa attendere. Chi è già pieno di sé e dei suoi averi, non sa riporre la propria fiducia in nessun altro se non in sé stesso.
Papa Francesco Udienza del 01.02.2017
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