Cenni storici sul Diaconato

Cenni storici sul Diaconato

Pubblicato da Stefano, Con 0 Commenti, Categoria: Articoli,

Le origini

La Chiesa, sin dall’età apostolica, ha tenuto in grande venerazione l’ordine del diaconato. Nella prima lettera a Timoteo si parla di loro: «Siano dignitosi – si scrive – e conservino il mistero della fede in una coscienza pura. Perciò prima siano sottoposti ad una prova e poi, se trovati irreprensibili, siano ammessi al loro servizio» (1Tim 3,8-10.12-13).

Una consolidata tradizione ha visto l’inizio del diaconato nell’episodio dell’istituzione dei sette, di cui parla il libro degli Atti degli Apostoli (At 6,1-6). In questo racconto emerge bene il senso e lo scopo del ministero diaconale, che successivamente si definirà più chiaramente: collaborare con il ministero apostolico dei vescovi nella fedeltà ai suoi compiti essenziali (la predicazione della Parola di Dio) e nella sollecitudine per i bisogni più concreti delle persone (il servizio delle mense).

I primi secoli

Numerosi padri della Chiesa attestano per i primi secoli la diffusione del diaconato, ne illustrano il significato teologico e ne propongono la figura spirituale. L’antica Didascalia degli Apostoli raccomanda al diacono una comunione stretta e cordiale con il vescovo: «Egli sia l’orecchio del vescovo, la sua bocca, il suo cuore, la sua anima: due in una sola volontà». La Tradizione apostolica di Ippolito descrive il rito di ordinazione dei diaconi mediante l’imposizione delle mani da parte del solo vescovo e spiega: «Perché il diacono non è ordinato per il sacerdozio, ma per il servizio del vescovo».

Con amore e devozione la Chiesa ha conservato la memoria di diaconi santi, in particolare: santo Stefano, diacono e primo martire della Chiesa apostolica, san Lorenzo, diacono e martire della Chiesa di Roma (sec. III), san Vincenzo, diacono e martire della Chiesa di Saragozza (sec. III-IV), sant’Efrem siro, dottore della Chiesa (sec. IV).

A partire dal sec. V, vicende storiche complesse portarono ad un lento declino del diaconato, che alla fine rimase solo come tappa intermedia per i candidati all’ordinazione sacerdotale.

Il Concilio di Trento e il Concilio Vaticano II

Il Concilio di Trento (sessione XXIII del 1563) decreta che il diaconato venga nuovamente ripristinato, in modo che «le funzioni dei sacri ordini» non appaiano inutili e siano «esercitate solo da coloro che sono costituiti nei rispettivi ordini». Questa delibera rimane lettera morta.

Si deve attendere il Concilio Vaticano II (1962-1965) per vedere il ritorno del diaconato.

Nella Costituzione dogmatica sulla Chiesa (Lumen Gentium) al n. 29, il Concilio afferma che «i diaconi sono segnati dal carattere e sostenuti dalla grazia sacramentale dell’ordine ricevuto e chiamati al servizio del popolo di Dio in comunione con il vescovo e il suo presbiterio, nella liturgia della parola, della liturgia e della carità».

Lo stesso Concilio delibera, poi, che nella Chiesa latina il diaconato «potrà in futuro essere restaurato come un grado proprio e permanente della gerarchia», ne indica una serie di funzioni proprie e si esprime a favore del conferimento del diaconato «a uomini di più matura età anche viventi nel matrimonio».

Stabilisce, infine, che spetta alle Conferenze Episcopali nazionali decidere, con l’approvazione del Papa, sull’utilità del ripristino del diaconato nella propria nazione, secondo i bisogni della Chiesa.

La Conferenza Episcopale Italiana

Con il documento “La restaurazione del diaconato permanente” la CEI si pronuncia ufficialmente per il suo ripristino l’11 marzo 1972.

Quindi nel documento pastorale Evangelizzazione e ministeri, dell’agosto 1977, essa dichiara:

«Col ripristino del diaconato permanente, la Chiesa ha la consapevolezza di accogliere un dono dello Spirito e di immettere così nel vivo tessuto del corpo ecclesiale energie cariche di una grazia peculiare e sacramentale, capaci perciò di maggiore fecondità pastorale» (n. 60).

Requisiti per la nomina nel Consiglio Pastorale parrocchiale

I fedeli chiamati a far parte del Consiglio:

a) abbiano ricevuto la cresima e siano maggiorenni;

b) si distinguano per testimonianza di fede, senso della Chiesa, onestà e saggezza;

c) rappresentino in modo significativo la vita della comunità parrocchiale per la loro esperienza cristiana o per il loro servizio pastorale;

d) siano in grado di interpretare adeguatamente le esigenze spirituali del popolo di Dio.

 

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