Verrebbe da dire è un consiglio di Pastori, dovrebbe essere un consiglio formato solamente da quelli che si è pensato da sempre unici pastori: i preti. Non è così. Quello è un Consiglio Presbiterale, fatto dagli “anziani”, dai consacrati che hanno ricevuto il sacramento dell’ Ordine, che hanno il dovere di essere il cemento, di far da presidenti, ma non per comandare, ma per servire e unire le varie comunità. Di fatti i preti si incontrano una volta al mese, il Consiglio dei Presbiteri.
Consiglio pastorale, invece, comprende anche i laici, comprende, certo, anche i sacerdoti, comprende le suore, ma soprattutto i laici. Il che vuol dire che si è tutti con la responsabilità di pastori, con la responsabilità di guide, cioè con la responsabilità che hanno coloro che devono preoccuparsi degli altri, di far vivere meglio gli altri.
Ci si trova sentendosi “in funzione di”, cioè con un ruolo preciso. Funzione non vuol dire funzione, cerimonia, vuol dire a servizio di. Come il pastore è al servizio di tutti, tutti si è partecipi di questa qualifica pastorale.
Gesù Cristo partecipa veramente attraverso il Battesimo il suo sacerdozio, ci collega con Dio Padre; e tutti insieme si offre la Messa; la sua profezia, ci illumina (profeta non vuole dire fare l’indovino del futuro, ma parlare in nome di Dio); per cui quello che insegna un babbo o una mamma su Cristo ai propri figli, molto probabilmente incide nella coscienza di queste piccole creature più di quanto insegnino i parroci stessi; la sua regalità, che è servizio; per cui si è pronti a servire gli altri.
Nessuno viene ad ascoltare, tutti vengono per portare il loro contributo da protagonisti. Protagonisti vuol dire da gente che fa la scena madre in un grande teatro di Dio, che tira l’accordata per andare verso la vetta di Dio.
Non è detto che si deve parlare sempre e tutti insieme, se no poi viene fuori il coro delle oche capitoline. Però una volta o l’altra, bisogna che parli ognuno alla pari della propria esperienza, per quel che vive nel territorio di questa zona, per quel che ha sentito e meditato meditando le parole del Signore.
Ed è molto probabile che la persona più semplice che in umiltà, ma con coraggio, dice qualche cosa una certa sera, diventi il pilone portante della nostra impostazione pastorale. Perché il Signore parla attraverso gli umili, attraverso i semplici, attraverso gli ignoranti, attraverso quelli che non hanno il sostegno neanche del bastone, infatti la virtù, la forza del Signore si manifesta proprio attraverso chi è infermo.
† Cesare Pagani, vescovo
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