Gesù dice: “Rimanete in me e io in voi” (Gv 15,4).
E questo perché già siamo in Lui, già siamo figli in Lui, per mezzo di Lui, con Lui.
Si tratta di continuare a vivere con Lui che porta al Padre e quindi ci “consacra” figli suoi per sempre. A vivere per Lui che dà alla vita uno scopo sicuro: si vive per Lui che è amore rivolto a tutti. A vivere in Lui che fa dire con Paolo: “non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me” (Gal 2,20).
“Senza di me non potete far nulla” (Gv 15,5).
… e non qualcosa. Gesù è il tutto del cristiano per essere tutto per l’uomo. Da Gesù si prende vita, pensiero e mosse.
La vita – e qui è perfino facile – perché è Lui stesso che ce la dà, aprendola ad ognuno; basta che si realizzano i riti sacri della Chiesa, che sono efficaci in quanto compiono ciò che dicono (come i sacramenti) e che sono conduttori di grazia sicura e di vita divina alla quale possiamo prendere parte. La liturgia, con tutta la sua forza, ci mette a contatto con Gesù e con ciò che ha detto e vissuto.
Il pensiero – più duro acquisirlo – perché implica la conversione: passare da proprio modo di pensare al suo. E il suo non si adatta al nostro ma lo supera immensamente. La domanda che ci si pone è: cosa vuoi, Gesù, che Io faccia? Desidero pensarla come te. È la conseguenza del rimanere in Lui per portare molto frutto perché c’è Lui e per ottenere di sicuro tutto ciò si vuole perché i suoi desideri sono diventati anche i nostri.
Le mosse per agire – non meno faticoso – in quanto si tratta di fare come farebbe Lui oggi. E cosa? Il suo essere è solo amare. “Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare (giudicare) il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui” (Gv 3,17)
Anche se un giudizio ci sarà ma alla fine: Chi mi rifiuta e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho detto lo condannerà nell’ultimo giorno” (Gv 12,48).
Le mosse vanno prese dalla sua Parola. È di essa che il Padre vive e con essa fa vivere.
È il Vangelo che, ad ogni istante, “pota” mente, cuore e anima per renderli capaci di amare per davvero. Il Vangelo infatti è la buona notizia di Dio che si fa vicino e garantisce che non esiste un Dio lontano né da sé né dagli altri.
È un Dio che spinge a mettersi accanto:
Come accade a Paolo che sembra mettere paura ma che viene salvato dai “fratelli”. Era già successo in lui che si rese conto della sua conversione quando Anania, che lo sapeva per fama persecutore, lo chiama fratello. Ogni uomo è dunque mio fratello!
Come ci dice Giovanni nella sua lettera: “Non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità” (1Gv 3,18). Non dire quanto sarebbe bello o bisognerebbe fare, ma essere lì presenti in concreto e nella verità che è l’amore ordinato cioè vero, rispettoso, capace di correggere senza essere invadente e sicuramente contagioso. Perché il molto frutto non potrà che essere la vita fraterna e l’Amore seminato nei solchi della storia.
Sentiamo anche cosa succede a Santa Caterina da Siena di cui ricorre oggi la festa:
“Gesù chiese a Caterina: ‘Mia diletta, sai perché ti amo? ’ Di fronte alla risposta negativa di Caterina, Gesù proseguì: ‘Te lo dirò. Se non ti amo non sarai nulla, non sarai capace di niente di buono. Vedi quindi che devo amarti’. ‘È vero’, rispose Caterina, e disse poi: ‘Io vorrei amarti così’”.
Mentre parlava, però, si rese conto di aver detto una sciocchezza. Gesù sorrise, e allora lei aggiunse: “Ma questo non è giusto. Tu puoi amarmi con un grande amore e io posso amarti solo con un piccolo amore”.
In quel momento Gesù intervenne e disse: “Ho reso possibile che mi ami con un grande amore”. Lei, sorpresa, gli chiese come. “Ho messo al tuo fianco il prossimo. Tutto ciò che farai a lui lo considererò come fatto a me”.
Caterina, piena di gioia, corse a curare i malati in ospedale: “Ora posso amare Gesù con un grande amore”.
(Citazione di Juan José Omella, arcivescovo di Barcellona)
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