Nel Vangeli ogni volta che si parla di Maria si parla della “madre di Gesù” (Gv 19,25-34). Questo atteggiamento di madre accompagna il suo operato durante tutta la vita di Gesù: è madre. Alla fine Gesù la dà come madre ai suoi, nella persona di Giovanni: “Io me ne vado, ma questa è vostra madre”. Di lei non si dice “la signora” o “la vedova di Giuseppe”».
I padri della Chiesa dicono che Maria è madre, la Chiesa è madre e la tua anima è madre: c’è del femminile nella Chiesa. La Chiesa è femminile perché è “chiesa”, “sposa”: è femminile ed è madre, dà alla luce. È, dunque «sposa e madre». Ma i padri vanno oltre e dicono: Anche la tua anima è sposa di Cristo e madre.
In questo atteggiamento che viene da Maria che è madre della Chiesa possiamo capire questa dimensione femminile della Chiesa: quando non c’è, la Chiesa perde la vera identità e diventa un’associazione di beneficienza o una squadra di calcio o qualsiasi cosa, ma non la Chiesa.
La Chiesa è “donna” e quando noi pensiamo al ruolo della donna nella Chiesa dobbiamo risalire fino a questa fonte: Maria, madre. E la Chiesa è “donna” perché è madre, perché è capace di “partorire figli”: la sua anima è femminile perché è madre, è capace di partorire atteggiamenti di fecondità.
Dio ha voluto nascere da donna per insegnarci questa strada. Di più, Dio si è innamorato del suo popolo come uno sposo con la sposa: questo si dice nell’antico Testamento. Ed è «un mistero grande». Come conseguenza noi possiamo pensare che se la Chiesa è madre, le donne dovranno avere funzioni nella Chiesa: sì, è vero, dovranno avere funzioni, tante funzioni che fanno, grazie a Dio sono di più le funzioni che le donne hanno nella Chiesa.
Ma questo non è la cosa più significativa perché l’importante è che la Chiesa sia donna, che abbia questo atteggiamento di sposa e di madre. Con la consapevolezza che quando dimentichiamo questo, è una Chiesa maschile senza questa dimensione, e tristemente diventa una Chiesa di zitelli, che vivono in questo isolamento, incapaci di amore, incapaci di fecondità. Senza la donna la Chiesa non va avanti, perché lei è donna, e questo atteggiamento di donna le viene da Maria, perché Gesù ha voluto così.
Il gesto, direi l’atteggiamento, che distingue maggiormente la Chiesa come donna, la virtù che la distingue di più come donna va riconosciuto nel gesto di Maria alla nascita di Gesù: “Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia”. Un’immagine in cui si riscontra proprio la tenerezza di ogni mamma con suo figlio: curarlo con tenerezza, perché non si ferisca, perché stia ben coperto. E la tenerezza, perciò, è anche l’atteggiamento della Chiesa che si sente donna e si sente madre.
San Paolo ci ricorda le virtù dello Spirito e ci parla della mitezza, dell’umiltà, di queste virtù cosiddette “passive”» ma che invece sono le virtù forti, le virtù delle mamme. Ecco che una Chiesa che è madre va sulla strada della tenerezza; sa il linguaggio di tanta saggezza delle carezze, del silenzio, dello sguardo che sa di compassione, che sa di silenzio. E anche un’anima, una persona che vive questa appartenenza alla Chiesa, sapendo che anche è madre deve andare sulla stessa strada: una persona mite, tenera, sorridente, piena di amore.
Maria, madre; la Chiesa, madre; la nostra anima, madre. E questa ricchezza grande della Chiesa e nostra; e lasciamo che lo Spirito Santo ci fecondi, a noi e alla Chiesa, per diventare noi anche madri degli altri, con atteggiamenti di tenerezza, di mitezza, di umiltà. Sicuri che questa è la strada di Maria. E, in conclusione, è curioso il linguaggio di Maria nei Vangeli: quando parla al Figlio, è per dirgli delle cose di cui hanno bisogno gli altri; e quando parla agli altri, è per dire loro: “fate tutto quello che lui vi dirà”».
(dall’omelia di Papa Francesco del 21.05.2018 a S. Marta)
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