16.09.2018 – 24^ Tempo Ordinario: SALVARE LA VITA

Pubblicato da Stefano, Con 0 Commenti, Categoria: Liturgia, Omelie,

L’unico modo è viverla per davvero.

Ora ciò può accadere solo donandola, consumandola mettendola a frutto. È il modo vero di vivere che fa vivere altri  spendendosi per loro.

E qui accade l’inverosimile: più ci si dona e più si riceve; la vita non s’impoverisce ma diviene sempre più ricca.

Per questo Gesù è costretto ad essere duro e deciso con Pietro: “Va’ dietro a me, Satana!” (Mc 8,33).

Il motivo è che egli non ha questa mentalità e pensa che debba esistere, con Gesù, un mondo felice senza afflizioni. E c’è da capirlo! Non è semplice per l’uomo simpatizzare col dolore.

E allora, come tutti, egli ha bisogno di “lezioni pratiche”, di vedere l’Amore di Gesù vissuto in modo nudo e crudo, crocifisso, senza difese, in un silenzio assordante. Un Amore che dice a tutti: fin qui si vive per davvero. Non è la croce in sé che conta ma l’Amore che arriva fin lì.

È quell’Amore che se sembra finire in perdita, in realtà raggiunge il livello più alto che è la risurrezione.

La vita è salva; la vita che si dona, ad ogni istante, è sempre riguadagnata. E la prova ne è la pace e la gioia – del tutto nuove – che pulsano dentro come frutto dell’Amore vissuto.

Possiamo allora comprendere chi è Gesù per noi. Egli è Colui che ama e si ama in noi. Si offre a noi come Amore e vive in noi l’Amore.

Vorrei concludere con risposta data su Avvenire:

L’idea di Dio che emerge dalla Bibbia, non è quella di un Dio assetato di sangue e di dolore. Il Dio biblico non vuole il nostro sangue, né volontario né involontario, neanche il Dio dell’Antico Testamento. Il Padre non voleva il sangue del Figlio in croce.  Nei martiri la Chiesa apprezza e loda la testimonianza, ma non dice che Dio ha voluto quel sangue versato.

Basta guardare la figura del Cireneo, che si trova sotto una croce né sua né da lui scelta, e poi ci resta e la porta per amore. e possiamo credere che la vita sia un po’ così: le croci arrivano, non vanno cercate, poi una volta arrivate ce le teniamo e le viviamo come amore e compito.

Quando noi volontariamente ci immoliamo “per Lui”, credo che quello che piaccia a Dio sia l’amore per gli uomini e per le donne (non tanto per Lui: nessun genitore vuole questo dai propri figli), dove un certo dolore è implicito.

Ma immaginare un Dio che vuole il sacrificio nostro non è una idea di Dio né biblica né che aiuta a vivere la vita con gioia e libertà. Erano gli dèi cananei e babilonesi che volevano il sangue e il sacrificio degli uomini.

Il sacrificio è una categoria importante in molti ambiti umani (lavoro, famiglia, sport, studio …), ma non è una categoria adeguata per leggere e interpretare il rapporto tra Dio e gli uomini.

La Bibbia questo lo sa molto bene, ma noi facciamo fatica ad impararlo. (L. Bruni)

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