MATTEO FARINA – Giovane di salda fede, che vive anche il senso  della missione nel suo quotidiano, affronta  la malattia

MATTEO FARINA – Giovane di salda fede, che vive anche il senso della missione nel suo quotidiano, affronta la malattia

Pubblicato da Stefano, Con 0 Commenti, Categoria: Articoli,

In una sorta di misterioso passaggio di testimone, diciotto giorni prima della partenza per il cielo di Chiara Luce, il 19 settembre 1990 nasce Matteo Farina.

Cresciuto a Brindisi in una famiglia dai solidi valori cristiani, Matteo si rivela fin
da piccolo caratterizzato da una dolcezza particolare e da una fede non comune.

A nove anni, come impegno quaresimale, legge tutto il Vangelo di Marco; si accosta spesso al sacramento della Riconciliazione e, dopo avere sognato padre Pio che lo   invita a comunicare a tutti la gioia della confessione,  nasce in lui il bisogno di  evangelizzare coloro che gli
stanno intorno, seppure in modo molto rispettoso.

Così  scrive nel suo diario: «Spero
di riuscire a realizzare la mia  missione di “infiltrato” tra i  giovani, parlando loro di Dio (illuminato proprio da Lui);  osservo chi mi sta intorno, per entrare tra loro silenzioso come  un virus e contagiarli di una malattia senza cura, l’Amore!».

Anche un’altra malattia senza cura,  in questo caso  bruttissima, sta però    invadendo  il corpo di Matteo: nel  settembre 2003, dopo avere sperimentato forti mal di testa e problemi alla vista, gli viene  diagnosticato un edema al  cervello, al di sotto della quale  si sospetta la presenza di cellule maligne.

Matteo prosegue la sua vita normalmente e in questo    periodo, a soli 13  anni, crea un fondo per le  missioni del Mozambico, nel quale deposita i suoi risparmi e convince i familiari  a rinunciare agli   acquisti  natalizi, commutandoli in offerte. Nel gennaio 2005 si rende necessario un intervento  per l’asportazione di un tumore  celebrale.

Matteo affronta  tutto con uno spirito di abbandono incondizionato a Dio e   trova la forza di  proseguire gli studi. Non solo: è talmente sereno e aperto alla vita da innamorarsi,  ricambiato, di una ragazza,  Serena, che definirà «il dono  più bello del Signore».

Il  calvario, però, è appena iniziato: dopo una recidiva, tre nuove operazioni e lunghi  mesi di degenza ad Hannover,  rientra a Brindisi con una paralisi al   braccio e alla gamba  sinistra, conseguenza degli  interventi.

In questo periodo  ripete spesso una frase che  mette i brividi: «Dobbiamo  vivere ogni giorno come se  fosse l’ultimo, ma non nella  tristezza della morte, bensì nella gioia di essere pronti      all’incontro con il Signore!».  Incontro che arriva, atteso con  serenità fino all’ultimo, il 24  aprile 2009.

«Ho imparato a vivere», scriveva a 12 anni nel suo  diario Matteo (di cui è in corso  la causa di beatificazione).

Da rivista credere 26.08.2018

 

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