“II primo è: Ascolta, Israele” (Mc 12,28).
Nella Bibbia il termine ascoltare indica adesione gioiosa, obbedienza filiale, ascolto entusiasta di una richiesta, perché questa parte da una Persona che vuole veramente il nostro bene. Vi lega la felicità e addirittura la crescita di numero cioè la fecondità spirituale.
“Obbedire deriva dal latino ob-audire, che significa: ascoltare stando di fronte. È come: “obbedire in piedi”. È la scoperta dell’autentica natura dell’obbedienza, la cui dinamica suppone uno che parli e l’altro che risponda. Uno che faccia la proposta con rispetto, e l’altro che vi aderisca con amore. Uno che additi un progetto senza ombra di violenza, e l’altro che con gioia ne interiorizzi l’indicazione. In effetti, si può obbedire solo stando in piedi. In ginocchio si soggiace, non si obbedisce. Si soccombe, non si ama. Ci si rassegna, non si collabora”. (T. Bello)
“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore e con tutta l’anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza” (Mc 12,29.30).
“Amerai… con tutto il tuo cuore”.
Il cuore è centro e principio di unità del proprio essere. È necessario attingere all’amore puro da cui si proviene perché inondi il cuore e dica chi siamo. Cosa c’è nel mio cuore? Cosa mi interessa di più?
“Amerai… con tutta l’anima”.
L’anima si riferisce alla psiche, cioè al sistema mentale. Quell’Amore puro diventa il pensiero determinante, la certezza del nostro pensare, l’immagine giusta di Dio. Sono invaso da tanti pensieri o il mio pensiero è fisso in Dio? sono sicuro che Egli è Amore e vivo di questo Amore?
“Amerai… con tutta la mente”.
Questo Amore diviene in me un modo di pensare, la mia mentalità; è pensiero acquisito dal Vangelo.
Di che cosa nutro la mia mente? Quali pensieri circolano di più? So distinguere la mentalità del mondo da quella evangelica? Per chi e cosa mi muove nella vita?
“Amerai… con tutta le forze”.
Le forze dicono un amare con tutte le capacità e possibilità. Afferma il Talmud / istruzione, apprendimento (ivi 54a), lo Shema’ ci insegna che non dobbiamo limitarci ad amare Dio solo con lo spirito, ma anche materialmente: ciò significa con le nostre azioni e con i nostri averi; usandone a favore di chi ne ha bisogno, o per scopi culturali e religiosi, o per la diffusione della fede. Cosa sto facendo delle mie capacità? Che uso faccio dei miei beni? Amo la solidarietà che mi fa uscire dall’io e entrare nel noi?
È un amore che ci fa essere! E ci fa adatti ad amare l’altro con il cuore, l’anima e la mente e tutte le possibilità, irrorate da quell’amore, che è l’unico, e che scende da Dio e risale a Dio in continuazione. Non ristagna.
Dall’amore di Dio (la radice) si parte, all’amore del prossimo (la chioma) si arriva. Da qualsiasi parte s’inizia, all’altra deve condurre. Ma la prova esterna dell’amore di Dio, quella evidente è che arriva fino ad amare il prossimo, anzi si fa prossimo di ogni uomo.
“Non sei lontano dal regno di Dio» (34).
È l’aver capito bene ma senza ancora entrarvi. È come quando si gioca a dover ritrovare un oggetto e tutti dicono “acqua” quando si è lontani e “fuoco” quando si è vicini, qui sarebbe “fuochino” non si né troppo lontano né troppo vicini, a distanza ravvicinata.
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