Alla luce delle apparizioni del Risorto si dischiude, nella fede della Chiesa apostolica, la comprensione del significato di salvezza e di rivelazione della morte in croce di Gesù.
Che cosa avviene, infatti, in essa e mediante essa? Perché, in altri termini, proprio da essa scaturisce – suo inaspettato e decisivo frutto la risurrezione? Non è un caso che l’apostolo Paolo, per esprimere teologicamente il significato più profondo della pasqua di Cristo, la definisca nuova creazione (cf. 2 Cor 5,17).
L’apostolo sembra suggerire che, nel suo morire, Gesù ha spinto la sua dedizione al Padre sino all’estremo – sino ad “annullarsi”. E proprio così ha offerto liberamente al Padre, nella sua umanità completamente aperta al Suo agire, lo spazio vergine entro il quale il Padre ha potuto far scaturire, nella potenza dello Spirito Santo, la nuova creazione: e cioè rinnovare la prima creazione dalla radice, redimendola dal peccato e rendendola partecipe, nello Spirito, della vita filiale del Figlio fatto carne che a Lui si è consegnato tutt’intero, in sé consegnando al Padre l’intera creazione.
Così, Dio che nella prima creazione ha chiamato all’essere le cose che non sono (cf. Rm 4, 17), ora, in Cristo, le fa scaturire nuove, per mezzo del Figlio incarnato, morto e risorto, nella luce e nella potenza dello Spirito.
La “nuova creazione” è dunque l’irruzione dell’eschaton – ultimo tempo – nella storia, la realizzazione dell’annuncio dell’avvento del regno di Dio proclamato dal Nazareno. Gesù crocifisso e risorto è lo spazio personale entro cui occorre liberamente entrare per divenire partecipi della nuova creazione.
Questo è il significato del “morire” con Cristo per “risorgere” con lui (cf. Rm 6, 3-6.8; 2 Tm 2, 11): e cioè, in virtù della fede, accogliere la grazia (charis) della figliolanza divina in Cristo, che s’esprime nel battesimo e nella cena pasquale e diventa stile d’esistenza nell’agape reciproca e verso tutti .
4^ puntata – continua
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